La monumentale figura del San Francesco casoriano dell’Ottocento: Padre Ludovico, apostolo e profeta della carità senza condizioni, attende ancora di essere definita in ogni suo aspetto. Una vita straordinaria: una parabola terrena che lo vide protagonista assoluto dell’Ottocento, un secolo attraversato, come non mai, da un moto violento della storia, che sconvolse l’Italia e l’intero Vecchio continente. Mai, il fiero Padre Ludovico si lasciò trascinare dai mutevoli accadimenti della storia, ma, anzi, ne fu primo attore, con la forza straordinaria del carisma, che solo i santi hanno, e con la forza dell’amore per gli ultimi: gli indigenti, i disabili, i minori abbandonati, i bambini africani. Un vero motore della carità, un “grande francescano”, secondo la definizione di Papa Francesco. Un uomo, un santo riconosciuto in vita come tale, che parlava in dialetto napoletano, in inglese, in francese, e conosceva la lingua dei segni per comprendere le difficoltà dei sordomuti a cui dedicò una delle tantissime opera di assistenza e di accoglienza. Le sue gesta, la sua instancabile missione alla ricerca di fondi per finanziare le sue opere di assistenza e di beneficenza, giunsero fino al Parlamento post- unitario, che di certo non era benevolo con il clero. Il Regno d’Italia era nato da appena un anno(17 marzo del 1861), Re era stato proclamato Vittorio Emanuele II. Ed ecco, che sul Portale storico della Camera dei Deputati, ritroviamo in una tornata dell’11 giugno del 1862, che l’argomento della discussione si incentra sulla figura del grandissimo “Fraticello d’oro”. Una discussione fatta da deputati e ministri entrati nella storia d’Italia, dal calibro di Quintino Sella, divenuto famoso in quanto Ministro delle Finanze che predicava l’economia fino all’osso, politica finalizzata ad eliminare gli sprechi, e salvaguardare gli equilibri di finanza pubblica della giovane nazione italiana, divenne famoso in quanto si vantava di valutare ogni spesa con “la lente dell’avaro”, di Francesco Crispi, figura storica del Risorgimento e della politica italiana post- unitaria, di Rattazzi che nel 1862 era Presidente del Consiglio. Ma veniamo alla narrazione della seduta. Si discute di un disegno di legge presentato dal Deputato Carlo De Cesare, pugliese di origine, ma profondo conoscitore della realtà napoletana, in quanto si era laureato in Giurisprudenza a Napoli, e lì aveva iniziato la carriera di magistrato. Tant’è che poi venne eletto nel Collegio elettorale di Napoli II nelle elezioni suppletive del 1861.Il Disegno di legge presentato dal Deputato De Cesare prevedeva la cessione al Comune di Napoli dei beni demaniali. In particolare il De Cesare, con una accorata e puntuale descrizione della grave situazione abitativa di Napoli e della sua provincia, ipotizza con il suo disegno di legge, la cessione degli edifici monastici al Municipio napoletano per l’apertura di asili infantili, scuole popolari festive e serali, già prevista da una legge del 1861, ma rimasta in larga parte inattuata. Si denuncia la gravissima sperequazione del numero degli insegnanti nel napoletano che è molto al di sotto della media presente in tutte le altre province del Regno. La frase che più ci colpisce nell’appassionato intervento del De Cesare, è la seguente: “Signori, guardate bene agli affari di Napoli, perché gli affari di Napoli sono quelli di tutta Italia”. Parole non dissimili da quelle che per decenni furono il “leitmotiv” di ogni politica meridionalista. Ovvero: risolvere il gap tra Sud e Nord, significa fare il bene della intera nazione. Ma ecco che entra in scena Padre Ludovico. Il De Cesare descrive un episodio di cui è stato testimone, accaduto il 16 maggio scorso. Eccolo lo riportiamo integralmente per non modificarne la carica emotiva che promana l’appassionato racconto: “ Il sindaco di Napoli alla presenza di parecchi consiglieri provinciale mi presentava un frate mendicante, un certo Lodovico da Casoria, il quale, intendendo il vangelo molto diversamente da quello che s’intende a Roma, va raccogliendo dalle vie fanciulli accattoni, li veste, li ricovera, li istruisce, ed a 18 anni restituisce alla società eccellenti operai in quei miseri ragazzi. Il municipio venne in soccorso anche di questa bell’opera; il Re ultimamente diede 30,000 lire. Nel giorno 16 maggio il padre Ludovico da Casoria presentava due fanciulli che sei mesi innanzi, sucidi, grami, estenuati per fame erano sulla via ; e questi ragazzi belli, vispi, ben vestiti, ben nutriti venivano a ringraziare il sindaco; nè solo sapevano leggere e scrivere, ma davano conto dei primi elementi della grammatica, e rispondevano a tutte le domande. Quando questi ragazzi furono presi nelle vie, uno di essi, di 9 anni, domandato dal padre Ludovico da Casoria: come vi chiamate ? Signori, che cosa rispose ? E qualche cosa di terribile, qualche cosa di barbaro quello che vi paleso: Mi chiamo Ravanello; anzi ve lo dirò in dialetto napolitano, Rafaniello; rispose il povero fanciullo. Ma come ti chiamava tuo padre ? Mio padre mi chiamava sempre Rafaniello. Ora quel ragazzo che non seppe dire neanche il suo nome di battesimo, quel ragazzo, biondo, bello e di gentile aspetto {Ilarità, rumori) recitava le prime regole della grammatica che era una meraviglia. E quell’infelice sei mesi innanzi era sul selciato della via, e diceva di chiamarsi Rafaniello.” Un frate mendicante, viene definito il nostro
Padre Ludovico, che intende il Vangelo molto diversamente da come lo si intende a Roma. Parole bellissime, che dimostrano come il grande carisma di Padre Ludovico abbia fatto breccia anche nel cuore del deputato De Cesare, che cita detto episodio per convincere il parlamento a dare attuazione al suo disegno di legge, finalizzato a concedere gli edifici monastici sgombrati al Comune di Napoli per farne scuole. Segue l’intervento di un altro deputato: Paolo Emilio Imbriani, altro estimatore del Padre Ludovico, che era diventato il beniamino dei liberali anticattolici, che riconoscevano in lui, l’uomo della carità: il paladino dei poveri e dei diseredati. Abbiamo già scritto della passione civile che nutriva Imbriani per Padre Ludovico. Tant’è che alcuni anni dopo questo intervento in parlamento, scrive una lettera al Ministro dei Lavori Pubblici Spaventa, pregandolo di dare al “Frate mendicante” biglietti ferroviari gratuiti per i suoi instancabili viaggi in ogni parte d’Italia per raccogliere fondi per le sue opere assistenziali. Ecco il suo intervento: “Ricorderò ancora come il Governo locale ha cercato di dare favore larghissimo a quei pochi uomini, i quali hanno cercato in Napoli di sottrarre alla miseria ed alle colpe, ed indirizzare a dignità di uomini parte di quell’immenso numero di fanciulli di entrambi i sessi che brulicano per le vie di quella vasta città. Il padre Ludovico da Casoria si è proposto un nobilissimo fine con poveri mezzi, ed ha trovato nella carità dei suoi concittadini soccorsi amplissimi per compiere un’opera di beneficenza che il meglio organizzato e più ricco Governo del mondo gli dovrà invidiare. Parimenti un altro uomo modesto e schietto, seguace del Vangelo, il sacerdote Luigi Aiello, ha tolto a giovare in Napoli alla miseranda classe dei sordo-muti indigenti con le rendite che gli somministra la limosina umilmente invocata, ma scarsamente ottenuta e sapientemente spesa. Questi due benefattori dell’umanità, contro cui si rompeva anche il dispotismo del cessato Governo, dovevano essere protetti dai nuovi reggitori, e in parte il furono e molto più lo saranno di certo, poiché l’opera loro porge un potente aiuto alla missione civile del Governo. Tu Napoli prima l’iniziativa delle opere oneste non partiva che da pochi e privati cittadini, a cui il Governo contrastava, per quanto era in lui, e che esso subiva, ma non accettava giammai. Al presente il Governo non può vedere che lietamente il concorso di privati nell’opera pubblica dell’istruzione, ed attesta la sua riconoscenza a cotesti uomini benefici, e porge loro quei conforti che li possono agevolare nell’adempimento del proposito loro. Ed io ho cercato, quanto l’ufficio pubblico mei concedeva, di rappresentare degnamente a questo riguardo il Governo, né ho obliato il debito mio, quando, presiedendo il Consiglio provinciale di Napoli sullo scorcio del passato anno, proponeva, ed il Consiglio accettava, di stabilire nel bilancio del 1862 alquanti sussidi agli accattoncelli del padre Ludovico ed ai sordomuti del sacerdote Aiello. Nè il Re nostro, il quale non rimane estraneo a nessun atto di carità vera e intelligente, ha obliato l’Aiello e il padre Lodovico, attestando la sua riverenza verso due uomini che procacciano con tutti i mezzi che sono in loro potere di educare a dignità di uomini la parte più numerosa e diserta della plebe napolitana”. Alla fine della discussione la nuova legge proposta dal De Cesare, verrà approvata. Da quest’episodio presente nel portale storico del parlamento italiano, risplende ancora una volta in maniera sempre più fulgida la figura di San Ludovico da Casoria, un autentico protagonista della storia d’Italia lungo l’intero arco del diciannovesimo secolo.
FONTI: PORTALE STORICO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI- TORNATA DELL’11 GIUGNO DEL 1862
FONTE FOTO: PORTALE STORICO CAMERA DEI DEPUTATI
FONTE FOTO PADRE LUDOVICO: INTERNET-