VITTIME DELLA MAFIA, IL DOVERE DI RICORDARE

Come da ventisei anni il 21 marzo è il giorno del ricordo delle vittime innocenti della criminalità. Un evento promosso dal fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, che anno dopo anno ha visto crescere la sensibilità di molti intorno a questo tema.
Istituzioni, enti locali, scuole, associazioni, parrocchie, ma anche gruppi autonomi di cittadini, in questo primo giorno di primavera hanno ricordato coloro che sono stati privati della vita perché non si sono piegati alla sudditanza violenta che la criminalità impone oppure perché sono stati vittime inconsapevoli della violenza che la mafia conosce come una delle sue più abbiette manifestazioni.
In totale in Italia sono 1031 le vittime accertate della criminalità, le più note sono sicuramente: i giudici Giovanni Falcone e  Paolo Borsellino ed i prelati Pino Puglisi e Peppino Diana. Ai casoriani è cara anche la memoria del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso a Palermo nel 1982, che fu Capitano della Compagnia Carabinieri di Casoria. Un conto cominciato con l’unità d’Italia e terminato (purtroppo per ora) nel 2018, con l’omicidio di Francesco Vangeli per mano della ndrangheta.
A Casoria in questo giorno la mente va ad Andrea Nollino, barista di S. Mauro; Stefano Ciaramella, giovane vittima di una assurda rapina; alle vittime dell’attentato al rapido 904: Abramo Vastarella, Angela Calvanese, Nicola, Giovanni e la piccola Anna De Simone, di solo nove anni. Ma anche ad Antonio Coppola, edicolante di via Pietro Nenni per cui ancora non è arrivato il riconoscimento ufficiale.
Quella di quest’anno è però la seconda edizione che cade in piena pandemia e quindi, per la necessità di rispettare le norme anti-Covid, non potranno esserci manifestazioni pubbliche.
Inevitabilmente questo giorno dovrà essere di riflessione personale sulla necessità che ancora ha un popolo, come quello italiano, di resistere contro il suo male più grande, la criminalità. Tanto è, più anche del virus. Peraltro a questo molto simile perché capace di insinuarsi, non nel fisico come fa il Covid ma nel tessuto sociale, fino a distruggerlo; in questo così come è capace di fare il virus.
Il Covid dunque, negando la possibilità di celebrare pubblicamente le vittime della criminalità si scopre alleato della mafia. È nell’interesse mafioso l’oblio di chi invece ha reso onore con il suo impegno alla lotta dello Stato contro di essa. Oblio e paura sono le armi subdole della criminalità.
È per questo che, quest’anno ognuno di noi deve – per dovere civico – dedicare un momento della sua giornata al ricordo delle vittime della criminalità. A ciò che il loro sacrificio ha significato, per le loro famiglie, per l’Italia intera. Il virus che già frena le nostre libertà non può fermare anche i nostri valori.

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