di Margherita De Rosa – Nell’ambito delle celebrazioni in onore della Beata Maria Luigia Velotti, lo scorso sabato 7 maggio, presso il teatro Gelsomino di Afragola, è stato rappresentato il musical “ La Carezza di Dio”; com’è riportato sulla locandina prodotta per l’evento inserito nel progetto Scuola- Lavoro, la manifestazione è nata << dalla volontà della Preside, Suor Rosalia Vittozzi. L’idea è stata quella di realizzare un musical, affidando la scrittura e la regia dello stesso al maestro Mario Brancaccio. “La Carezza di Dio” rappresenta, a grandi linee, la vita della Beata Maria Luigia Velotti, dalla sua nascita in Soccavo di Napoli alle opere presso la casa di Casoria. Lo spettacolo si orienta verso una riflessione su cosa voglia dire “essere santi ” oggi. Il messaggio che la rappresentazione ci trasmette, travalica i concetti, pur necessari, della bontà e delle opere pie, per affermare l’urgenza di non identificarsi con ciò che si ha nella vita, ma piuttosto su ciò che si è. Un forte suggerimento a vivere non solo per la “crescita personale” ma, innanzitutto, per ricercare se stessi attraverso la preghiera e la meditazione profonda, nell’intento di incontrare chi veramente siamo, senza barriere, senza egoismi>>: fin qui la presentazione del progetto, ma veniamo ora alla cronaca della bella e riuscita manifestazione. Alla presenza di un folto pubblico, del sindaco di Afragola Pannone, del presidente di quello che un tempo era il 29° distretto scolastico, prof. Palladino, gli alunni del triennio del Liceo Classico Velotti, hanno messo in scena la vita della Beata, calandola nella quotidianità e in quella che è la realtà giovanile attuale: anche la scelta delle musiche di Zucchero Fornaciari è risultata più che appropriata per evidenziare la sempiterna lotta tra istintualità e santità, tra bassa umanità e anelito alla più profonda spiritualità: in questo contesto, a metà strada tra la favola di Cenerentola e la storia reale della vita della Beata, si inseriva, appunto, questa figura che, fin da giovanissima, avvertì fortissimo ed irresistibile il richiamo della vita francescana e, quasi ostinatamente, volle seguire i passi del Santo Poverello. Così, Maria Luigia abbracciò il suo Sposo Crocifisso e tale “matrimonio” è stato riportato sulla scena in maniera molto suggestiva, sia per la scenografia solenne, sia per i canti che per le immagini di un Cristo caricato dalla croce, sotto la quale accoglie la giovanissima Maria Luigia. E la vita della Beata fu caratterizzata da indicibili sofferenze fisiche a cui si contrapponeva una pienezza spirituale che le consentì di conservare sempre il sorriso e una disponibilità incondizionata verso il prossimo; a tutto ciò si univa il dono della preveggenza, motivo per cui i suoi contemporanei la indicavano come la “monaca santa”. La semplicità e gioiosità di una fede vissuta nella totalità più autentica è stata mirabilmente resa dalle varie interpreti di Madre Luigia e, in particolare, dalla consacrata che ha impersonato Madre Luigia da monaca, qual è suor Apolonia, che ha saputo trasmettere in pienezza il messaggio d’amore, sacrificio e abnegazione di colei che amò la Croce, visse per la Croce e a tutti, giovani e non, ha lasciato la certezza di un’esistenza nella quale quella Croce diventerà rinascita, gaudio imperituro, vita eterna. La Beata, dunque, nella sua semplicità, testimoniò grandi verità di fede, che non conoscono eclissi, sebbene, com’è stato evidenziato nella manifestazione, esse debbano adattarsi ai tempi, soprattutto nel linguaggio e nell’approccio con le nuove generazioni, che hanno sete di Dio, ma non lo cercano, che avvertono il richiamo dello spirito, ma si appiattiscono nel vacuo e nell’annichilimento, anche perché pochi adulti sono capaci di testimoniare una fede autentica, capace di dare gioia e speranza…allora, sull’esempio di Madre Luigia, attiviamoci affinché si riscopra la gioia dell’appartenere a Cristo e si viva nella certezza che qualla Croce, per quanto possa risultare insostenibile, è l’unica chiave della vera felicità.



