Il 2 settembre del 2001 Stefano Ciaramella aveva solo sedici anni. Figlio di una famiglia di benestanti, suo padre Mauro era uno stimato commerciante, titolare di una concessionaria d’auto, di una grande officina meccanica e un distributore di benzina.
Sua madre era figlia di Salvatore Ferrara, uno dei più grandi costruttori edili. A Stefano non mancava niente per poter essere felice, ma nonostante non gli occorresse, dopo la scuola era il primo a mettersi a lavorare nell’azienda di famiglia. Amava guadagnarsi la vita col sudore, senza farsi mantenere dai genitori.
Con i suoi soldi aveva comprato un discreto motorino, un vecchio Piaggio Hexagon che gli serviva per andare in giro con la fidanzatina. Quel ragazzo perbene con la faccia pulita nei primi giorni di settembre del 2001 si appartò con la sua ragazza in via Padova, una stradina isolata ma a pochi passi dal centro di via Marconi. Alcuni balordi di Afragola seguirono il giovane Ciaramella perché volevano rubargli il motorino. Si avvicinarono alla coppia e li rapinarono, ma non contenti sbottonarono la camicetta della ragazza e la molestarono.
Stefano non ci vide più. Provò ad affrontare uno di loro, ma fu ferito al cuore con un coltello… Il suo corpo cadde tra le braccia della fidanzata.
Poco dopo perse la vita in Pronto Soccorso. Tutti i quotidiani nazionali parlarono della tragedia,mentre il padre di Stefano si chiuse in un lungo silenzio. I funerali del ragazzo si svolsero il 6 settembre nella basilica di san Mauro Abate e partecipai anche io. Riuscii a farmi largo tra la folla e abbracciai il signor Ciaramella. Dovetti uscire perché non riuscivo a sostenere il suo sguardo cupo. Quel giorno, nella bara di Stefano c’era anche tutta la mia rabbia.
Durante il funerale i carabinieri trovarono i colpevoli dell’omicidi e fu così che vennero resi alla giustizia due maggiorenni e due minorenni. I due maggiorenni si chiamavano Pietro Amadori, militare di leva in aeronautica e Giuseppe D’Ausilio, entrambi diciannovenni;gli arresti furono eseguito a Rimini e Taranto.
Uno si era rifugiato in caserma a Taranto, dove prestava il servizio militare, l’altro a Rimini da alcuni parenti. Entrambi provenivano dalle Salicelle, quartiere popolare di Afragola. Uno dei minorenni arrestati si chiamava Enzuccio, secondo le dichiarazione fu proprio lui ad accoltellare Stefano.