Non è mai troppo tardi. Dovremmo tenerlo a mente, sempre. Non è mai tardi per ricominciare, per riprovare, per scoprire nuove passioni, nuove emozioni. Non è mai troppo tardi per avere occhi nuovi, per vedere se stessi e gli altri in maniera diversa da come si è abituati. É il caso del protagonista della nostra intervista, senza ombra di dubbio. Silvio Della Ratta, cinquantenne, appena quattro anni fa si è approcciato al mondo del Randonneuring, ed oggi può vantare – nientepopodimeno – la conquista della maglia della nazionale italiana. L’avventura di Silvio trae le sue origini dal consiglio di un suo amico appassionato di questa specialità ciclistica. «Sapeva stessi passando uno di quei periodi in preda a repentini cambiamenti, alcuni dei quali hanno stravolto le mie abitudini, così mi ha esortato ad intraprendere questo sport», ci ha confidato. «Da quattro anni e mezzo», ha aggiunto, «non posso fare a meno della mia bicicletta, è una passione dalla quale non posso prescindere. Un giorno senza bici è un giorno triste, per me. E pensare che ero uno abbastanza pigro.». Come sia arrivata la maglia della nazionale, ce lo racconta al dettaglio: «vanno conquistati quattro brevetti utili al raggiungimento dell’obiettivo, la 200 km, la 300 km, la 400 km (è stata una 16 ore non stop, Napoli-Roma-Napoli), ed infine la 600 km percorsa il 4 giugno. È una grande soddisfazione, ma ciò che più conta per me, e per tutti quelli del randonnneuring, è l’esperienza riconciliante con la natura e con le persone che si incontrano.», ed infatti «sono tante le amicizie nate, difficilmente si è da soli lungo il percorso.», anche perché in questa specialità ciclistica non c’è traccia di agone, ed «è importante dare e ricevere manforte nei momenti di inevitabile sconforto lungo le tante ore di corsa.». L’inaspettato e gli incontri piacevoli non mancano mai «è un continuo stupirsi. Ho scoperto la bellezza della natura durante la notte, i suoi profumi; mi emoziono al frinire di una cicala.». E poi, quanta generosità ed umanità che c’è, soprattutto nei luoghi bucolici, come quando «a Sant’Agata de’ Goti, incontrammo una contadina (in foto, n.d.r.) col suo carretto di ciliegie, le stava portando al mercato per venderle, e bene, non ci pensò due volte a distribuirle a tutti gli astanti», oppure quando «ci ritrovammo, in un borgo medievale, a chiedere la via di casa ad un sacerdote che passava di lì. Ci accolse nella sua parrocchia e ci offrì un piatto colmo di graffe», senza dimenticare che «le Pro loco, associazioni locali, provvedono a garantirci gratuitamente il cibo di cui necessitiamo.». Insomma, ad ogni pedalata, si nasconde dietro l’angolo una gradevolissima sorpresa, che sia la natura o la gente a regalarla; sicché inevitabilmente ci si riamica con il mondo, con la vita. Comprenderete quanto nel randonneuring occorra avere o acquisire uno spirito randagio «bisogna esserlo. Quando parti non sai mai quando ritornerai a casa. É tutto all’avventura, e devi essere pronto, sempre, a risolvere i problemi che si presentano lungo il cammino. La bici, ad esempio, devi imparare a ripararla da solo. Non si molla mai. I veri limiti sono quelli mentali, vanno oltrepassati. Questo sport insegna a farlo.». La si potrebbe chiosare così, ma Silvio – così come noi – tiene a concludere rivolgendosi a quella frangia di autisti che rappresentano un pericolo costante per i ciclisti: «me ne sono reso conto appena sono passato dall’altra parte (quella dei ciclisti, n.d.r.). Urgerebbe educare tutte quelle persone che, con menefreghismo e con un altissimo livello di inciviltà, mettono seriamente a repentaglio le nostre vite. Molti guidatori e alcune strade, su tutte la via sannitica, sono una vera e propria minaccia per la nostra incolumità.»



