I nostri antenati romani stenterebbero a comprendere pienamente necessità e ragioni di un fenomeno quale la prolungata e continuativa sospensione delle attività lavorative nel periodo estivo. Sì, storcerebbero il naso per la perplessità. Probabilmente, non capirebbero tout court. Il lavoro costituiva un impellente ed indifferibile bisogno da cui erano oberati gli schiavi e gravati quanti non possedevano la facoltà di vivere consumando, beatamente e spensieratamente, le pingui sostanze ed i lauti averi accumulati (da altri!) Pertanto, chi si compiaceva e gioiva delle vacanze? Esclusivamente ed unicamente, coloro che, non nutrendo l’esigenza e l’urgenza di faticare, si votavano alla politica ed all’otium inteso come tempo volto all’arricchimento culturale e spirituale. Per riprendersi dalla pressione sfiancante della vita in città, trascorrevano un tempo lieto nella cosiddetta “seconda casa”, nei paraggi di Roma o lungo la costa: lì, si rinfrancavano e ritempravano, sfuggendo alla calura estiva, godendo dell’aria aperta, del dolce far niente, della soave calma e del sovrumano silenzio, dell’aria pura e scevra di odori nauseanti ed esalazioni repellenti peculiari del contesto urbano. Ecco, taluni dei non trascurabili vantaggi e degli affatto marginali benefici della villeggiatura. Chi non poteva permettersi le ferie e concedersi una vacanza ? Usufruiva degli stabilimenti termali, accessibili anche ai ceti meno abbienti in virtù di un’accurata politica dei prezzi: qualche ora di vacanza tra piscine calde e fredde.

Rubrica “Usi, costumi e consuetudini del mondo classico”: Vacanze solo per chi non lavora!
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