Home Cultura Rubrica Usi, costumi e consuetudini del mondo classico. Simbolismo fallico a Roma

Rubrica Usi, costumi e consuetudini del mondo classico. Simbolismo fallico a Roma

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Tintinnabulum pompeiano a forma di fallo volante

Nell’arte romana, il fallo veniva, davvero soventemente, raffigurato in affreschi e rappresentato in mosaici, ordinariamente collocati finanche all’entrata di ville e dimore patrizie. Il pene in erezione, difatti, veniva reputato un talismano contro la malevolenza ed un amuleto contro la iattura. Oltre a ciò, il culto del membro virile eretto, a Roma, era notevolmente esteso tra le matrone d’estrazione patrizia ed era atto a propiziare la fertilità nonché la capacità di garantire la continuità della gens. Per siffatta ragione, il fallo veniva adoperato anche alla maniera d’un ciondolino da esibire al collo o sfoggiare al braccio. Le vergini patrizie, poi, prima di contrarre matrimonio, innalzavano accoratamente una specifica preghiera al dio Priapo, acciocché rendesse gradevole la loro prima notte di nozze. Il fallo era onnipresente nella cultura romana, in particolare sotto forma di fascinus. Una rappresentazione grafica del fascinus e della sua funzione apotropoaica nei confronti del malocchio è osservabile in un mosaico romano che sfoggia un fallo eiaculare in un occhio. Varrone riporta la moda di fissare turpicula al collo dei bambini, il che è confermato dal rinvenimento di una collana con un fallo in rilievo dalla grandezza tale che solo un bambino poteva indossarla. Plinio il Vecchio ci riferisce, per di più, che si usava sistemare dei saturica signa, ossia dei falli nei giardini e sui terreni, in modo da proteggere i frutti dagli invidiosi. La cosa è confermata anche da Orazio, che dedica una propria satira ad un pezzo di legno trasformato da un falegname in una statua di Priapo dal membro virile eretto e rosso, obscaenoque ruber porrectus ab inguine palus, e posto in un campo per cacciare i ladri e gli uccelli. L’amuleto rappresentante un pugno ed un fallo, invece, era in voga fra i militari. Esso consisteva in una mano, generalmente chiusa a pugno, e di un fallo dalla parte opposta. Molti esemplari presentano inoltre un pugno che pone il pollice fra l’indice ed il medio, un gesto che si credeva portasse fortuna. Nelle zone militari sono state ritrovate inoltre alcune sculture che mostrano un pene eretto ed una vagina, presumibilmente anch’esse apotropaiche. Le rovine di Pompei hanno condotto alla luce i tintinnabula, una sorta di sonagli azionati dal vento e costituiti da più campanelle fissate ad un’unica struttura dalle peculiari forme falliche; venivano usati per scongiurare le influenze ostili. I bambini ed i ragazzini romani recavano con sé la bulla, un amuleto indossato come medaglione racchiudente un fascinus fallico, ciò finché non accedevano solennemente all’età della giovinezza. Secondo Agostino d’Ippona il culto del pater Liber, che presiedeva l’ingresso del cittadino nella virilità politica e sessuale, implicava altresì il fallo. Ed il sesso coniugale? La divinità fallica Mutunus Tutunus  lo presiedeva. Un fallo sacro è stato tra gli oggetti di vitale importanza per la sicurezza dello Stato romano e veniva conservato gelosamente dalle Vestali.  Oggidì, la città greca di Tyrnavos tiene un annuale corteo fallico o parata del pene-phallika, un avvenimento popolare che si svolge durante i primi giorni della Quaresima.