Ai tori la natura ha dato le corna, ai cavalli le unghie, alle volpi ha dato velocità, ai leoni una temibile dentatura, ha fatto i pesci adatti a nuotare, gli uccelli a volare, agli uomini ha dato il senno, alle donne nulla. Ma ecco che alle donne invece delle lance, invece degli scudi, dà la bellezza. E la donna bella vince ferro e fuoco.
Nelle Anacreontiche si trova questo elogio della pulcretudine muliebre.
Senza discussioni, tali versi aderiscono alla celebrazione encomiastica greca della bellezza ed, indubbiamente, alludono all’elevata considerazione che a questa veniva tributata.
Il fisico femminile più apprezzato è morbido e formoso, con fianchi larghi, seno e glutei non troppo pronunciati, ma rotondi e sodi. Ciò rende la donna sensualissima. Si pensi a l primo nudo femminile dell’arte greca: l’Afrodite cnidia dal corpo definito e dolcemente armonioso. Arduo, impossibile, inammissibile obliare quanto affermano i Troiani, osservando dall’apice della rocca lo scontro divampante, determinato dalla fuga d’amore di Elena, in versi memorabili dell’Iliade: “Non è vergogna che i troiani ed i greci soffrano tanti e lunghi dolori: a vederla, Elena, è simile ad una dea immortale”. Ora, si rileggano i versi anacreontici, scostandosi da un’indotta benevola interpretazione.
Al termine dell’enumerazione dei doni offerti da Zeus agli uomini, a cui ha regalato il senno, si apprende che alle donne non ha elargito alcunchè, se non l’essenziale bellezza, che permette loro di debellare ferro e fuoco. Inevitabilmente, si è stimolati a domandarsi quali fossero nella visione greca le opportunità, le attese, i progetti delle donne a cui la gradevolezza dell’aspetto non fosse stata stata concessa. Da Prassitele, copia romana da un originale marmoreo del 360 a.C. circa. Musei Vaticani.