Riforme costituzionali: senza dialogo e larghe intese, si torni a votare.

aula-senato-640Dopo diversi giorni di duri scontri in Parlamento tra le varie forze politiche, tra ostruzionismo ed offese gratuite che non fanno certo onore ai nostri parlamentari, nella notte tra sabato e domenica scorsa la Camera dei Deputati ha votato, in modo per niente semplice, numerosi articoli ed emendamenti al testo di riforma costituzionale, il c.d. ddl Boschi, dal nome del ministro per le Riforme, Maria Elena Bosch, che dovrebbe portare al superamento del bicameralismo perfetto che da anni caratterizza il nostro sistema politico-istituzionale. Tra le altre cose il testo, come si sa, riforma anche il Senato: i senatori non saranno più eletti direttamente dai cittadini ma si avrà un’elezione di “secondo grado” che porterà a Palazzo Madama sindaci e consiglieri regionali. Il primo rinnovo del Senato li vedrà “eletti” tutti contemporaneamente. Successivamente la loro elezione sarà legata al rinnovo dei consigli regionali.

L’approvazione è avvenuta però in un’aula quasi vuota. Movimento Cinque Stelle, Lega Nord, Sel, Fratelli d’Italia e gli ex M5S di Alternativa Libera hanno abbandonato l’aula di Montecitorio.  Anche Forza Italia, a conferma della sua nuova linea di dissenso nei confronti delle iniziative del governo Renzi, ha deciso di abbandonare i lavori parlamentari. Lo avevamo detto solo pochi giorni fa: dopo la rottura del patto del Nazareno, il primo banco di prova sia per il governo che per Forza Italia, sarebbe stato il prosieguo dell’iter di riforma costituzionale. Ed infatti, tutta la questione adesso è molto più complicata. Il nodo da sciogliere nei prossimi giorni è e sarà la verifica dei numeri per Matteo Renzi e il suo governo. Vero è che alla Camera il PD è riuscito a far approvare il ddl anche senza l’appoggio di Forza Italia. Tuttavia, il problema riguarda il ritorno del testo al Senato, dove i numeri sono più incerti. Il governo può contare su una maggioranza di appena una decina di voti, ma le cose potrebbero cambiare in poco tempo. Infatti, sulla carta i numeri il governo dovrebbe già averceli e non dovrebbe avere grossi problemi per l’approvazione finale della riforma costituzionale: in totale 168 senatori. Sono appunto i numeri della maggioranza formata da Pd, Area Popolare – composta dal Nuovo Centro Destra e dall’Unione di Centro – Scelta Civica e il gruppo Per le Autonomie. Attenzione però anche agli ex del Movimento 5 Stelle che potrebbero decidere di appoggiare il governo.

E’ appena il caso di ricordare che, in prima lettura, il testo di riforma costituzionale era passato al Senato proprio con l’appoggio di Forza Italia. Si era giunti, infatti, ad un’approvazione con 183 voti a favore. E’ evidente, pertanto, come sia cambiata attualmente la situazione. Oltre al ritorno di Forza Italia all’opposizione, non bisogna dimenticare poi la linea di dissenso all’interno del Partito Democratico. Per molti, infatti, Renzi rischia di non avere l’appoggio di alcuni dissidenti Pd. Con una decina di oppositori interni al Pd e la conferma del no di Forza Italia, difatti, potrebbe bloccarsi tutto l’iter di approvazione della riforma e si getterebbe a mare un anno di lavoro. Questo scenario potrebbe allora portare, inevitabilmente, alle elezioni anticipate.

Chiediamoci, dunque, che fine ha fatto il metodo delle larghe intese, quello che doveva garantire l’unità nazionale e le riforme per il bene del Paese. Quel metodo così tanto gradito all’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e chiaramente richiesto al momento del suo secondo mandato, viene messo da parte proprio sulla riforma della nostra Carta Costituzionale. Ci aspettiamo, a questo punto, un intervento del nuovo Capo dello Stato, Sergio Mattarella: lui che ha promesso imparzialità nel suo discorso di insediamento, chieda alle forze politiche di ricercare la più ampia maggioranza possibile per l’approvazione delle riforme costituzionali. Se così non dovesse essere, sciolga le Camere e si torni a dare voce ai cittadini con le elezioni anticipate.


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