Riformatorio per macchine

computers(Ferdinando Palladino) Ti mettono dietro i banchi, quelli piccoli, per farti capire quanto sei piccolo e quanto poco vali. Ti mettono insieme ad altri, per farti capire che sei come gli altri, o forse per farti capire che devi essere come gli altri. Se non lo sei ti trasformano, perdi la tua identità, ti annullano, non sei più una persona, tutte le tue esperienze, la tua vita, le tue sensazioni, non sono importanti. Si mettono dietro i banchi, quelli grandi, per farti capire che non sono come te, mantengono la distanza, come se ti disprezzassero; non sei degno del loro rispetto, ti considerano stupido, infondo non sai nulla. A quel punto, seduti dietro cattedre di legno, di fronte a te, pagina bianca, cominciano a riformarti, hai già perso la tua identità umana, ma ti stai accingendo a riconquistarla come pezzo di una macchina. Ti insegnano come prima cosa che loro hanno il potere: devi chiedere il permesso se vuoi parlare, devi chiedere il permesso se vuoi alzarti, se vuoi mangiare, sei costretto a stare lì, ad ascoltarli, i tuoi bisogni non esistono più, ora sei solamente una macchina. Ti insegnano ad obbedire, ecco cosa, ti insegnano la gerarchia, ti istruiscono affinché tu obbedisca a chi ti è superiore, contemporaneamente ti insegnano a comandare chi ti è inferiore, arrivi al punto che non sei più uguale agli altri in quei piccoli banchi, hai un numero, sei un numero, se sei il maggiore comandi, se sei il minore obbedisci. Viviamo in Italia, una “Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Già, fondata sul lavoro, perché sai, dal preciso istante in cui ti sei seduto tra i banchi, o forse anche prima, il tuo futuro sarà quello di lavorare, sei diventato un oggetto. La prima domanda che ti pongono è “Che lavoro vuoi fare da grande?”, domanda posta con troppa semplicità, come se il lavoro fosse l’unica strada; risposta data con altrettanta semplicità, anche tu credi che sia l’unica strada. E’ davvero l’unica strada infondo, viviamo in una repubblica democratica, il potere è esercitato dal popolo, tu fai parte del popolo, sei un sovrano, eppure non puoi rifiutarti di vivere come fanno gli altri, se non obbedisci, muori, se provi a scappare, resterai perso. Appena ti siedi tra quei banchi, si accentua la pressione del mondo sulla tua vita, non hai più possibilità, il metodo di valutazione cambia, non si valuta la persona, si valuta quello che dà, quanto può essere utile, ti fanno partire da zero, e a quel punto ti dicono che il tuo unico obbiettivo sarà superare gli altri, o semplicemente restare a zero, non ti danno la possibilità di andartene, sei costretto a fare il loro gioco, che ti piaccia o no. La scuola è l’istituzione fornita, da una società decaduta che ha distrutto la natura e ha adattato il mondo al suo gioco, per istruire i nuovi uomini a rispettare le regole di questo assurdo mondo. Ti insegnano ogni scienza, ti insegnano una religione, e molte lingue, ti insegnano in cosa credere, e cosa amare, ma soprattutto ti insegnano ad obbedire. Perché l’uomo non dà più risposte a grandi domande? Perché le risposte già le danno, ti dicono che una cosa è, e tu ci credi, perché insomma, ti hanno sempre fatto credere di sapere più di te. La verità è che le loro certezze sono solo illusioni, le risposte sono in ognuno di noi e dovremmo cercarle, la scuola non dovrebbe essere il luogo in cui si danno risposte, ma il luogo in cui si fanno domande. Vogliamo imparare cose fatte da altri, ma così passeremo tutta la vita ad ammirare i grandi “geni” e a disprezzare noi stessi per la nostra poca capacità. La verità è che, semplicemente quelli che chiamiamo “geni” non erano ancora schiavi della verità, non avevano risposte. La scuola dovrebbe insegnare a non dare nulla per scontato, ad amare la libertà; dovrebbe essere il luogo in cui le risposte si creano, non il luogo in cui le risposte si trovano e la schiavitù si fa strada. Forse è vero ci sono troppe risposte e poche domande, ma io credo che ci sia semplicemente troppa vacuità, siamo vuoti, tutto quello che abbiamo non ci appartiene, tutto ciò che conosciamo è la verità di qualcun altro, nulla ci appartiene, è tutta un illusione. La nostra verità dov’è finita? Forse distrutta, o forse mai creata, forse nascosta o rubata, forse persa, forse confusa, un po’ come noi che in questo mondo di verità e di certezze restiamo muti, e da questo mondo forse, anche un po’ delusi.


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