Renzi, tra proclami rivoluzionari e riforme storiche

matteo-renziMatteo Renzi e il suo governo sono in carica da quasi tre mesi e forse è troppo presto per tracciare già un primo bilancio. Il presidente del consiglio aveva deciso lo scorso febbraio di iniziare la sua “avventura” a Palazzo Chigi annunciando subito, per il bene dell’Italia, riforme mirate e per certi versi “rivoluzionarie”. A nessuno, è sfuggito, poi l’altrettanto annunciato e sbandierato calendario renziano che ad inizio mandato, fissava le scadenze per l’attuazione delle stesse riforme.

Nel suo discorso per la fiducia in Parlamento aveva parlato di cambiamento e speranza per il Paese con l’idea di azzerare e “rottamare” la vecchia politica fatta da vecchi politici per poter, invece, inaugurare la stagione della nuova politica, quella del rinnovamento. “Sappiamo perfettamente che viviamo un tempo di grande difficoltà, di struggenti responsabilità e, di fronte all’ampiezza di questa sfida, abbiamo la necessità di recuperare il coraggio, il gusto e, per qualche aspetto, anche il piacere di provare a fare dei sogni più grandi rispetto a quelli che abbiamo svolto sino ad oggi e contemporaneamente accompagnarli da una concretezza puntuale, precisa”, aveva detto Renzi nel suo discorso per la fiducia al Senato.

Non mancava poi di rivolgersi a tutti gli italiani, cercando di spronarli a credere ed avere fiducia nell’Italia e nelle sue potenzialità. Come suo solito e sua tradizione, l’opinione pubblica italiana non ha perso occasione per dividersi ulteriormente tra sostenitori pro-Renzi e scettici liquidatori del “nuovo corso” della politica italiana. Da un lato, c’è chi ha subito voluto dargli fiducia premiandolo per la determinazione con la quale è riuscito ad arrivare al governo, dall’altro, c’è chi in Renzi non riesce ad aver fiducia e non vede altro che il volto della vecchia politica, quella che rappresenterebbe sempre e solo  gli interessi di qualcuno e non di tutti, quella degli inciuci politici, quella che insomma ha caratterizzato la storia del sistema politico italiano dalla Prima alla Seconda Repubblica.

Uno dei primi e più chiacchierati provvedimenti del nuovo governo Renzi, annunciati in pompa magna in conferenza stampa, è l’aumento di 80 euro in busta paga per i redditi più bassi, con l’obiettivo di venire incontro ad una parte della popolazione che risente della forte crisi che ci attanaglia ogni giorno. Gli 80 euro sono stati previsti per questo mese di maggio e, a quanto pare, già dal prossimo 23 maggio circa 786mila buste paga statali conterranno il bonus previsto dal governo in favore dei lavoratori dipendenti. Proprio in questi ultimi giorni, caratterizzati da accese polemiche con i tecnici del Senato sulle coperture economiche, Renzi ha potuto esprimere la sua soddisfazione per il provvedimento, postando anche su Twitter la foto di alcuni cedolini mostratigli dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan.

Lo scorso aprile, inoltre, il Parlamento italiano ha approvato il Documento di Economia e Finanza (DEF), che fino a qualche anno fa era chiamata “legge finanziaria”. Con quest’atto si è deciso di rimandare al 2015 il cosiddetto pareggio di bilancio.

Per quanto riguarda il lavoro, è di qualche settimana fa il maxi-emendamento di conversione in legge del decreto Poletti, finalmente passato al Senato. Si aspetta ora il ritorno del testo alla Camera per l’approvazione definitiva. Anche sul “Jobs Act” di Renzi, nel quale appunto rientra il decreto-lavoro, si è discusso tanto negli ultimi mesi.

Motivo di ulteriori e, ad oggi, incessanti polemiche sono state le proposte per la nuova legge elettorale, “Italicum”, e per la riforma costituzionale che porterebbe all’abolizione dell’attuale Senato della Repubblica. Come si sa, nelle moderne democrazie, soprattutto occidentali come l’Italia, la legge elettorale è, dopo la Costituzione, una delle leggi fondamentali dello Stato. Questo perché, se da un lato la Costituzione prevede una serie di principi imprescindibili e definisce il quadro istituzionale di un Paese, dall’altro la legge elettorale istituisce le regole del gioco che deve avvenire nell’arena politica e lo fa, o dovrebbe farlo, a difesa della democrazia stessa.

Da anni nel nostro Paese s’invoca una legge elettorale degna di questo nome, una legge che possibilmente non venga definita dallo stesso Ministro firmante “una porcata”, come appunto fece anni fa l’allora Ministro per le Riforme Istituzionali Roberto Calderoli, ma una legge che democraticamente detti regole eque e garantisca stabilità agli esecutivi chiamati a guidare il Paese. In verità, l’Italicum di Renzi, frutto del cosiddetto “Patto del Nazareno”, ossia l’accordo privato con Silvio Berlusconi siglato a Roma nella sede del Partito Democratico quando Renzi non era ancora nemmeno Presidente del Consiglio, non sembrerebbe purtroppo garantire equità e stabilità, ma anzi sembrerebbe riproporre in grande stile alcuni giochetti tra i partiti che hanno l’obiettivo, tra gli altri, di garantire la tenuta in vita di questo o quel movimento politico.

Ad onta di ciò, pare che le forze politiche per giungere ad approvare la legge elettorale, vogliano prima attendere la tanto acclamata abolizione del Senato, nel quadro di un’ampia riforma della seconda parte della Costituzione e del Titolo V che riguarda l’autonomia delle Regioni. La riforma prevede di trasformare il Senato in una “Camera delle autonomie” non più di tipo elettivo, dove a sedere saranno chiamati sindaci, amministratori locali, nonché personalità della società civile nominate dal Presidente della Repubblica. Altra novità assoluta, è che il nuovo Senato non voterà più la fiducia al governo ma avrà ancora voce in capitolo per l’approvazione delle leggi dello Stato. A riguardo, la Commissione affari costituzionali del Senato ha approvato, proprio pochi giorni fa, il testo base del governo, atto che dovrebbe portare al primo voto in Senato previsto, stando alle parole del premier, entro il prossimo 10 giugno.

Ulteriore punto cruciale del programma di Renzi era l’abolizione delle Province previste dalla Costituzione italiana. Con il cosiddetto Ddl Delrio, approvato agli inizi di aprile, a partire dal primo gennaio 2015 le province si trasformeranno in enti di secondo livello, ragion per cui sarebbe più corretto non parlare di vera e propria abolizione, ma di una riforma sostanziale delle Province. Non ci saranno più elezioni dirette, né per i presidenti né per le assemblee provinciali. A sostituire le Province saranno delle assemblee formate dai sindaci dei Comuni della Provincia e da un presidente. E’ previsto ancora il consiglio provinciale, formato dal presidente della Provincia affiancato da altri membri in base al numero degli abitanti della Provincia e che saranno eletti tra gli amministratori dei comuni della Provincia stessa.

Analizzando questi primi mesi di governo, bisogna dire che tanti sono stati, fino ad oggi, gli ostacoli incontrati dal nuovo esecutivo per la realizzazione del suo programma. Certamente alcune proposte di riforma sembrano di difficile realizzazione e attuazione pratica, altre sembrano essere contraddittorie, altre ancora, come la riforma della legge elettorale o gli interventi legislativi nel mercato del lavoro, non sembrano soddisfare tutti i criteri per il raggiungimento dello scopo primario per il quale è stato formato questo governo, ossia quello di ridare vigore all’assetto democratico del Paese, nonché dignità ai milioni di italiani che vorrebbero risollevarsi dall’attuale crisi economica e sociale.

A pochi giorni dall’appuntamento elettorale per le Europee 2014, che rinnoveranno il Parlamento europeo, c’è chi però parla di un bilancio positivo per Renzi, come si può leggere sul sito web del Partito Democratico, attraverso le parole dell’onorevole Laura Garavini, componente dell’Ufficio di Presidenza del Gruppo PD alla Camera dei Deputati, che afferma: “Fatti e non parole: nel giro di sole otto settimane arrivano i primi risultati concreti dal nuovo Governo Renzi. Ad esempio abbiamo definitivamente abolito le province. Significa che lo Stato risparmia diverse centinaia di milioni di euro ogni anno. Già alle prossime elezioni non verranno rinnovati 700 assessori provinciali, nè 2700 consiglieri provinciali, con conseguenti risparmi annuali per svariati milioni di euro“. La deputata continua rilevando la soddisfazione per altri interventi del governo Renzi: “Abbiamo inoltre introdotto definitivamente il reato di voto di scambio politico mafioso. Vuol dire che se uno viene eletto con i voti della ‘ndrangheta, perché in cambio ha promesso dei favori politici, gli danno dai 4 ai 10 anni di carcere. Era da più di 20 anni che si aspettava che questa legge venisse approvata. L’Italia vuole imprimere una svolta anche alle politiche dell’Europa, affinché si smettano le politiche di soli tagli e si ricominci ad investire in crescita ed in occupazione, soprattutto per i giovani del Sud Europa. Ecco perché è molto importante che alle prossime elezioni Europee, il 25 maggio, ci impegniamo per portare al Parlamento Europeo una nuova compagine di parlamentari fortemente europeisti e capaci di rendere l’Europa più sociale, più solidale, più democratica, più giusta e anche più ricca“.

Infatti, il prossimo appuntamento per le elezioni europee può rappresentare un banco di prova per Renzi e il suo esecutivo. Da lì può dipendere la vita di questo governo e di conseguenza anche il cammino delle riforme annunciate lo scorso febbraio. Con il prossimo risultato elettorale si potrà capire dove pende attualmente la bilancia dei consensi degli elettori italiani, e chi uscirà rafforzato da queste elezioni europee.


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