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Processo Resit: arrivano finalmente le condanne per il leader delle ecomafie ed i suoi affiliati

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terra dei fuochiVenerdì 15 Luglio il pm della Direzione Distretturale Antimafia di Napoli Alessandro Milita al termine della requisitoria del processo Resit  ha richiesto pene per un totale di 280 anni di carcere per le 29 persone accusate di disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti.

Tra gli imputati l’avvocato Cipriano  Chianese,  ritenuto l’inventore delle ecomafie per conto del clan dei Casalesi, condannato a venti anni di reclusione. Sedici anni di reclusione sono stati inflitti a Gaetano Cerci, anche lui imprenditore ritenuto legato al clan dei Casalesi e dodici anni per Remo Alfani. L’ex sub commissario all’emergenza rifiuti Giulio Facchi, che ha operato tra il 2000 e il 2004, quando era commissario Antonio Bassolino, nei confronti del quale il procuratore di Napoli chiese una condanna a trenta anni di carcere, è stato condannato a cinque anni e sei mesi. Una condanna è stata emessa anche nei confronti di tre imprenditori del settore rifiuti: i fratelli Elio, condannato a sei anni di reclusione, Generoso e Raffaele Roma condannati a cinque anni e sei mesi. Per questi ultimi, assistiti dall’avvocato Mario Griffo, non c’è stata accusa di disastro ambientale.

Il processo Resit prende nome dall’omonima discarica di Giugliano in Campania, area di sversamento illegale di rifiuti, utilizzata anche dal commissariato in occasione di uno dei periodi più acuti per l’emergenza rifiuti in Campania. Luogo emblematico del disastro ambientale della Terra dei Fuochi, è stata il centro dello sversamento di rifiuti di ogni genere, compresi veleni industriali,  provenienti da tutta la Penisola. Nella discarica, in località Scafarea sono state scaricate nel corso degli anni 341000 tonnellate di rifiuti pericolosi che hanno portato conseguenze immani e disastrose per l’ambiente: la diossina è entrata nell’area, i percolati in molti pozzi agricoli e i veleni industriali riempiono la terra, spesso coltivata dai contadini della zona. Essa sorge al centro di una più vasta area di circa 95 chilometri quadrati, che si estende da Marano ad Aversa fino al litorale domizio, e che comprende anche i siti Masseria del Re e Masseria Lo Spesso dai quali nei mesi scorsi è iniziato un processo di rimozione e smistamento delle ecoballe.

Il processo Resit, che si è concluso venerdì 15 luglio in Corte d’Assise, è durato a lungo e si è protratto per 180 udienze che hanno visto al loro centro un vero e proprio business della “spazzatura”. Tutto è iniziato a fine anni ’80 quando i “re” delle ecomafie hanno messo le mani su quello che un tempo era uno dei territori più fertili e redditizi, non a caso chiamato già dagli antichi “Campania Felix”.  Il giro degli affari era enorme e vedeva coinvolti al suo interno anche rifiuti provenienti dall’estero che venivano riversati, insieme a quelli altamente tossici di alcune industrie italiane, nelle cave di tufo della zona e sotto i campi coltivati.

Il primo ad avviare le indagini fu l’ispettore di polizia Roberto Mancini morto nel 2014 a causa di un cancro causato dalla contaminazione con sostanze pericolose e radioattive. Le sue indagini sono state fondamentali per avviare l’inchiesta e ricostruire il percorso dei rifiuti dalle industrie fino alle cave dei casalesi. Al processo svoltosi al tribunale di Napoli, ha assistito anche la vedova di quest’ultimo in attesa di una sentenza che rendesse giustizia al tenace, coraggioso e valoroso poliziotto. La sentenza ha finalmente riconosciuto i colpevoli del disastro ambientale poiché come ha sostenuto il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani : “La rinascita della Terra dei Fuochi deve ripartire dalla condanna dei colpevoli e dal risanamento delle aree avvelenate dalle ecomafie”.