Pil ancora in calo: l’Italia è di nuovo in recessione tecnica.

imageSecondo le stime rese note nei giorni scorsi dall’Istat, l’Italia è tornata ufficialmente in recessione “tecnica”, la terza dall’inizio della grande crisi del 2008: nel secondo trimestre di quest’anno (da aprile a giugno) il Prodotto interno lordo è calato dello 0,2% rispetto ai primi tre mesi dell’anno, quando si era registrato un calo dello 0,1%. Ciò significa che su base annua il Pil è sceso già dello 0,3%, registrando il peggior secondo trimestre dal 2000. In particolare, l’Istat ha dichiarato che: “Il calo congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti e tre i grandi comparti di attività economica: agricoltura, industria e servizi”.
L’andamento del Pil dell’Italia nel secondo trimestre del 2014 è peggiore anche delle previsioni degli analisti che si aspettavano una variazione compresa tra -0,1% e +0,1%. In merito a ciò il premier Matteo Renzi ha affermato: “L’Italia deve cambiare, ma dipende solo da noi. Avanti con più decisione”, mentre il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha annunciato che: “Non ci sarà alcuna manovra correttiva per il 2014”. Tuttavia, i mercati continuano a guardare al Paese con grandissima preoccupazione. La borsa di Piazza Affari, infatti, è in forte calo con una perdita di oltre 2 punti percentuali dell’indice FtseMib. Inoltre è tornato a crescere lo spread rispetto ai titoli di Stato tedeschi, attestandosi a 170 punti.
In particolare, gli economisti definiscono lo stato dell’economia del nostro Paese come una “recessione tecnica”, trattandosi del secondo trimestre consecutivo con una crescita negativa, dal momento che anche nel primo periodo del 2014 il Pil era diminuito dello 0,1%. In previsione, pertanto, secondo gli analisti sarà molto difficile chiudere l’anno in positivo. Con variazioni negative del Pil di questo genere, infatti, si prevede il deficit di quest’anno verso la pericolosa soglia del 3%, mentre il governo nel Documento di economia e finanza (Def) aveva previsto un 2,6. Di conseguenza, dai conti del prossimo anno mancheranno altri miliardi che si vanno a sommare alle spese già effettivamente previste, come la conferma del bonus da 80 euro che ha un costo di 10 miliardi.
Insomma, si prospetta un futuro sempre più incerto per la nostra economia. Questi dati confermano come la crescita economica italiana continui ad essere negativa e come si continui a non trovare la via di uscita dalla crisi. Probabilmente non basta accelerare sul terreno delle riforme, in particolare quelle istituzionali che hanno interessato particolarmente queste ultime settimane della vita politica italiana. Non basta sentire Renzi e i suoi ministri difendere proprio le riforme istituzionali poiché da queste dipende anche l’equilibrio dell’economia. E non basta nemmeno sentire il premier chiedere all’Unione europea una maggior flessibilità, quantunque il Fiscal Compact abbia concorso a peggiorare la situazione economica di molti Stati europei. Non basta. L’Italia, che non cresce da decenni, è un Paese da ricostruire. Servono, in maniera urgente, nuove, più efficaci ed incisive misure. In primis occorre un drastico taglio delle tasse, soprattutto su famiglie e imprese che investono e la creazione di nuovi posti di lavoro. Occorrono, poi, investimenti in nuove fabbriche e infrastrutture. Serve creare nuova fiducia in questo Paese, a partire dalle giovani generazioni sempre di più invogliate a lasciare l’Italia e a costruirsi un futuro in Paesi con economie più stabili e mercati del lavoro accessibili.


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