Casoria, 2 ottobre 1943. Una colonna di militari tedeschi in ritirata da Napoli, armati di artiglieria pesante e leggera, si stanzia nei locali di un’azienda di tendaggi al fine di costituire una testa di ponte nella piazza intitolata oggi al tenente Formicola, “per frenare l’avanzata delle truppe alleate che attraversavano Casoria dopo aver lasciato Napoli il 1° ottobre”. Queste le parole di Giulia Campece in “Casoria…una volta”, testo storico nel quale la scrittrice descrive uno scontro feroce, cruento, ricostruito grazie anche ai registri cimiteriali e parrocchiali e dalla stessa definito enfaticamente “battaglia di Casoria”. Un combattimento di cui mai prima si era scritto. Quasi dimenticato. “Casoria…una volta”, avvincente e vibrante, è una ricognizione puntuale del tempo che fu, un’opera ormai cardine della memoria casoriana, da lasciare in eredità ai giovani, vittime del de profundis dell’identità storica. Scritto sulla scorta di ricerche accurate, testimonianze e cronache di famiglia, il saggio illustra una eccezionale esperienza di guerra, ma, al tempo stesso, è il resoconto del disorientamento dinanzi a un conflitto tragico ed assurdo, è l’intreccio delle verità che restituisce dignità alla gente comune. Per questo il lavoro di Giulia Campece si ammanta di sacralità.
Ma torniamo allo scontro. La scrittrice narra di come la popolazione casoriana, nel mentre ed ignara del pericolo, entusiasta per l’imminente arrivo degli Alleati, si sia riversata nelle strade per accogliere i liberatori. D’improvviso impazza però la battaglia. I tedeschi colpiscono via padre Ludovico, sulla quale si stanno affacciando le truppe alleate, con mitra, fucili, bombe a mano, mortai. In un attimo si contano morti e feriti. Fra urla di terrore, tutti scappano confusi. Dopo una prima fuga, alcuni coraggiosi tornano sul posto al fine di prestare soccorso ai numerosi caduti e “mani pietose coprirono quei copri martoriati ed insanguinati che si erano accumulati lungo la strada insieme”. “Chi ha visto quell’orribile scena la ricorda ancora con raccapriccio, e ancora oggi sente l’odore di morte […] e dopo circa 70 anni dall’evento non può trattenere qualche lacrima che esce impellente dagli occhi […]. Il combattimento durò dal due al tre ottobre del 1943”.
Oggi, una nuova “tessera” si aggiunge al racconto vivido, giusto e perfetto della prof.ssa Campece, grazie al ritrovamento, nell’archivio della famiglia D’Anna, di un documento che testimonia le gesta eroiche di Giovanni D’Anna, reso noto al pubblico dal casoriano Sergio D’Anna. Il reperto, datato 28 settembre 1946, conferma che il 2 ottobre del 1943, l’esercito tedesco in ritirata aveva provocato la morte di più di trenta persone tra civili e Alleati. In quella circostanza, Giovanni D’Anna di Casoria, pur nella consapevolezza del pericolo conseguente ai bombardamenti, era accorso a raccogliere feriti civili e militari per trasportarli con propri mezzi presso l’ospedale di Napoli. Il maresciallo maggiore della stazione dei carabinieri di Torre Annunziata, Nicola Ciampa, nel certificare di proprio pugno tale accadimento, aveva concluso: “Il D’Anna, nella circostanza, col soccorre i feriti, diede prova di altruismo e patriottismo, coadiuvando in tutto l’Arma”.
Le esatte deduzioni temporali della Campece e la scoperta cartacea nell’archivio dei D’Anna testimoniano a distanza di anni un avvenimento terribile che ancora oggi, per molti, insiste nell’ombra, divorato dal vortice dell’oblio. E c’è da chiedersi: perché? Si parta da qui, dunque, da “Casoria…una volta” e dalla traccia rinvenuta, per irradiare nuova luce e divulgare con metodo un tassello della storia della comunità casoriana seppellito. Si parta da qui per darne eco. Come scrive Camilleri nel romanzo storico “La strage dimenticata”: “A me interessa che la seconda strage, quella della memoria, sia in qualche modo riscattata. Ricordare gli avvenimenti, ricordare queste persone è un piccolo atto nei loro confronti, è un piccolo modo per ricordare, per chiedere scusa”. E se il trascorrere del tempo tende ad affievolire la portata di fatti cruciali che mutarono radicalmente i destini degli individui e di cui fu teatro la città di Casoria, è vitale che queste “passioni” si trasmettano alle generazioni successive come un viatico della memoria e delle rimembranze e come strumento di formazione della consapevolezza. Percepire il valore del passato e comprendere la vicenda umana così come si è dipanata nel tempo consente di costruire la coscienza critica.