Alcuni giorni fa tredici sindaci dell’area nord di Napoli (Casoria, Arzano, Casavatore, Cardito, Caivano, Acerra, Afragola, Frattamaggiore, Frattaminore, Casandrino, Grumo Nevano, Melito, Crispano) hanno chiesto aiuto al Prefetto per arginare il fenomeno dilagante della criminalità sul territorio.
Tredici comuni che insieme sommano 443mila abitanti, tanti quanto ne fa la provincia di Avellino e il doppio di quella di Benevento. I sindaci hanno chiesto più mezzi e uomini delle forze dell’ordine in modo da garantire una maggiore radicalità nei controlli.
In questo territorio da settimane rapine, scippi, aggressioni, furti, pestaggi, minori che girano armati ostentando il possesso di coltelli o pistole, accadono con una cadenza quasi quotidiana a tutte le ore anche in pieno giorno.
Una triste realtà di degrado che è aggravata da un dato che ancora di più fa inorridire, il fatto che questi criminali si lascino riprendere da telecamere in tutta tranquillità se non addirittura pubblicati sui social.
Da cosa deriva questa spavalderia di questi esseri miseri, tanto spavaldi contro i deboli e quando sono in gruppo ma allo stesso modo piangenti che supplicanti quando li prendi e li metti in camera di sicurezza in stato di arresto?
La certezza dell’impunità. La certezza che la Legge, lo Stato e gli uomini che lo rappresentano possono fargli poco danno. Infatti specie se si è al primo borseggio è praticamente impossibile finire dietro le sbarre.
Un qualsiasi avvocato col minimo sforzo riesce a evitare all’imputato la prigione. Al processo per direttissima, tra attenuanti generiche (ad esempio, la confessione e la riconsegna del bottino) e la scelta del rito abbreviato che riduce di un terzo la pena, il giudice raramente emette condanne superiori a un anno che vengono “sospese” rimettendo il reo in libertà che per questi soggetti significa riprendere a delinquere.
In Italia dunque oltre che a discutere di riforma delle carriere dei giudici – argomento sacrosanto per carità – si dovrebbe discutere di una riforma delle pene o meglio si dovrebbe agire per assicurare che siano applicate quelle che ci sono.
Nel gennaio del 2001 in Italia è stata introdotta la legge sull’uso del “braccialetto elettronico” per il controllo dei detenuti agli arresti domiciliari, forse troppo frettolosamente si è accantonata la possibilità che questo strumento di controllo sia utilizzato anche per coloro sui quali pende una pena “sospesa” per reati predatori o comunque violenti.
Questa misura, insieme alla emissione di un Daspo Urbano (misura affidata ai sindaci nel pacchetto sicurezza del 2018) comporterebbe l’impossibilità da parte di questi soggetti di aggirarsi liberamente per i quartieri delle città a delinquere. E certamente farebbe cessare l’irriverente comportamento di questi davanti alle telecamere di videosorveglianza.
In momenti di grande emergenza sono le idee coraggiose spesso a fare la differenza e magari risolvono i problemi. Ma perché ciò possa verificarsi è necessario che ci sia una classe politica e dirigente con una sufficiente dose di competenza e personalità.