Il comico nel cinema, sorriso e riflessione

comico nel cinemaSin dagli inizi in cui il cinema ha avuto modo di espandersi tra il grande pubblico, è ricorso spesso all’aiuto di qualcosa che interpretasse, tra i suoi spettatori, la logica del buonumore. In questa neonata forma artistica, il comico come genere gioca un ruolo di grande importanza delineando registri espressivi che toccavano svariati modelli di provenienza chiaramente teatrale.  Passando con disinvoltura dall’ironico al caricaturale, dal grottesco ai giochi di parole e, infine, alle invenzioni surrealistiche. Molto importante la derivazione letteraria che di fatto imprima alla comicità il suo marchio di fabbrica arricchendolo di trovate e di soggetti da filmare fino a quando, con l’avvento del sonoro nel 1930,  si aggiungerà lo strumento didascalico della sceneggiatura. L’elemento base della situazione comica scaturisce da una serie concatenante di eventi che innestano azioni che appaiono in una veste folle e inspiegabile. Ciò si spiega con la caduta delle certezze e dei meccanismi naturali della vita che vengono letteralmente sovvertiti da un  atto innaturale che genera appunto, nel caso comico, sorriso e ilarità. Con queste premesse, non ebbe grandi difficoltà ad entrare nelle preferenze delle sale di cinema e , conseguentemente, in quelle degli spettatori. Il cinema diede maggiori possibilità di esternare le sue intrinseche qualità, poiché si serviva del binomio visivo e mimico rappresentato dalla cinepresa e dai movimenti pantomimici degli attori e di molti altri provenienti dal circo e dai teatri di rivista.  Non è un caso, infatti, che le superbe trovate registiche del primo Méliès (regista, attore e illusionista francese) riassumessero ciò in una sapiente e convincente mistura.
Le prime significative esperienze  cinematografiche di un certo riscontro di pubblico si ebbero in Francia (patria dei fratelli Lumière) con A. Deed, F. Guillome e M. Linder, quest’ultimo da considerare il primo vero divo del genere. Qui la tradizione di derivazione “vaudeville” insieme alle innate capacità istrioniche dei nostri protagonisti raggiungono risultati sorprendenti. Contemporaneamente anche negli Stati Uniti nasce un tipo di comicità che avrà una grande fortuna. Le cosiddette gag “delle torte in faccia” che attraverso un breve percorso troveranno, qualche anno più tardi, in Charlie Chaplin e Buster Keaton i suoi maggiori adepti. Fu proprio grazie al loro genio se da semplice azione comica (gag) il cinema intraprese man mano la via del lungometraggio e, quindi, di contaminazioni che poi toccavano altri generi come quello sentimentale e nostalgico- malinconico. In seguito il genere divenne un contenitore dentro il quale gli artisti mostravano la loro eclettica verve passando quindi dalle acrobazie fisiche del muto alla scomposizione grottesca della parola con i fratelli Marx che danno inizio a un tipo di cinema che si basa sull’illogico e sul paradossale.  Contemporaneamente nel nostro continente, nei paesi d’oltralpe si afferma il francese J. Tati che ricavando dall’insegnamento dei suoi predecessori inaugura un tipo di comicità dove le situazioni si intrecciano con un  tessuto narrativo che diventa più complesso e articolato.  Parlando degli artisti di casa nostra, quelli che risentono maggiormente l’influenza dei divi sopracitati fu Petrolini che, tuttavia, possedeva una sua particolare originalità. Ma è nel dopoguerra che il cinema comico in Italia ebbe il suo periodo di maggiore fortuna. Attraverso una generazione di artisti che sono entrati nel nostro immaginario collettivo. I vari Totò, N. Taranto, i fratelli De Filippo (anche se con tematiche e profondità diverse) A. Fabrizi, la comicità surreale di Macario (molto sottovalutata), R. Rascel, Tognazzi, Gassmann, il mattatore Sordi e tanti tanti altri hanno fino ad arrivare ai nostri giorni con Benigni e il compianto Troisi (di cui ricorre il ventennale anniversario della scomparsa), hanno modificato, con le loro argute battute, il nostro modo di intendere il cinema ma anche, se ci riflettiamo, la nostra visione della vita che è lo specchio di qualcosa che il buon riso ci fa apprezzare e al contempo riflettere.

 


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