Il caso Expo e lo spettro di Tangentopoli

Milano, Inaugurata, la piattaforma Expo GateLo scorso 8 maggio la Procura di Milano ha emesso sette ordini di custodia cautelare per presunti reati come associazione a delinquere e pagamento di tangenti, il tutto relativo all’Expo 2015 che si terrà nel capoluogo lombardo il prossimo anno. Fin da quando l’Italia si è vista assegnare l’organizzazione dell’evento nel 2008, il progetto per l’Expo è stato annunciato come uno dei “grandi eventi” che potenzialmente avrebbe portato diversi benefici all’economia italiana e al Paese stesso.

Probabilmente però, chi già nel 2008 criticava l’assegnazione della “grande opera” e non riusciva a dar fiducia a chi quell’evento avrebbe dovuto organizzarlo, può oggi dire di avere avuto ragione. Per l’ennesima volta si rischia, infatti, di non sfruttare in modo efficiente una chance più che buona per smuovere l’economia italiana. Perché, a volerla dire tutta, è chiaro che ad essere rimpinguate sono sempre e solo le economie di pochi eletti e delle loro aziende, quelli capaci di far girare centinaia di migliaia di euro di tangenti. Insomma, il solito modo “all’italiana” di gestire gli affari pubblici.

A ben vedere, non è una banalizzazione questa, se si accoglie l’opinione di chi, in queste ultime settimane, ha paragonato questi fatti a quelli che furono, invece, agli inizi degli anni 90 i fatti di Tangentopoli. Tanto è vero che sono tornati chiaramente sulla scena personaggi che furono coinvolti proprio nello scandalo di ventidue anni fa. In primis, tra i vari nomi, Primo Greganti, l’ex “compagno G”, militante nel PCI di quegli anni e che venne condannato proprio per aver ricevuto una tangente da più di 1 miliardo di lire. L’altro nome di spicco è quello di Gianstefano Frigerio, all’epoca tra le fila della DC poi confluito in FI,  che nell’inchiesta Mani Pulite subì la prima misura di custodia cautelare per tre mesi, seguita poi da altri due arresti. Venne accusato di vari reati e ammise successivamente anche di avere incassato alcune tangenti, con la riserva però di dichiararsi solo un intermediario. Nelle vicende attuali, a capo di tutto c’è Angelo Paris, alto dirigente dell’Expo e che secondo le indagini giudiziarie gestiva tutto il sistema degli appalti del grande evento, con un giro di mazzette che va oltre i due milioni di euro.

Il “cantiere” dell’Expo, tuttavia, non si è fermato e non si fermerà, nonostante tutte le polemiche che gli arresti dei personaggi direttamente coinvolti hanno suscitato sia nell’opinione pubblica sia soprattutto nell’arena politica italiana. Tra questi c’è anche chi ha ringraziato la magistratura per la sua opera di “pulizia” nell’ennesimo scandalo italiano, ma certamente vi è da dire e ancor di più da auspicarsi che la magistratura non si lasci sfuggire i legami evidenti emersi da questi “mediatori” e alcuni politici di alto profilo. Questo è auspicabile poiché c’è dell’altro, a ben vedere, che va oltre Tangentopoli e il paragone che in questi ultimi tempi è stato avanzato.

Vero è che questi personaggi hanno il potere di mettersi in contatto con i partiti e di coinvolgere manager e imprese “amiche”, come puntualmente accadeva negli anni precedenti l’inchiesta Mani Pulite. Ma è altrettanto vero che l’attuale sistema dei partiti si è trasformato rispetto a ventidue anni fa, quando ogni partito aveva il proprio “cassiere” che, oltre all’arduo compito di giustificare i costi della politica, gestiva quell’enorme marea di tangenti. I partiti oggi si celano dietro alcuni personaggi, come quelli coinvolti nell’Expo, ecco quindi palesarsi lapalissianamente, ancora una volta, il ruolo e la responsabilità del mondo politico italiano. Pertanto, se anche si accetta l’idea che il caso Expo non è una nuova Tangentopoli, almeno una certezza è evidente: da Tangentopoli ad oggi la politica italiana continua a cambiare volto, senza mai riuscire ad essere e a mostrarsi come l’arte nobile del “servire il bene comune”.


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