L’epoca barocca espressione del fantastico, che colpisce l’occhio e arricchisce l’anima in tutti i contesti artistici ha saputo imprimere la sua forza visiva, lessicale e poetica nei confronti del mondo circostante. Si è fatta carico della crisi di coscienza derivata dall’Umanesimo potenziando l’idea che il teatro rappresenti la desolata condizione umana. Il teatro appunto.
Nella felice epoca umanistica l’uomo era il centro e l’apice di tutto. Mentre nel barocco viene occupata da una rappresentazione basata sulla veritiera finzione del palcoscenico. Si ricercano certezze, spazi da occupare. L’uomo altera se stesso attraverso approcci che mai prima aveva sperimentato. Si comincia a stabilire un contatto con un tipo di realtà artificiale e che spazia nelle dinamiche oniriche. Il teatro risente l’influenza di questo epocale cambiamento divenendo irrimediabilmente moderno, lasciandosi alle spalle secoli e secoli di triste e vuoto epigonismo.
Se consideriamo l’opera di uno dei maggiori artefici di questa nuova linfa creativa, Calderon de la Barca, possiamo constatare che la metafora e il simbolo tendono ad occupare e illudere l’anima e l’occhio dello spettatore che rimane sbigottito, meravigliato, pienamente posseduto dalla prorompente forza visiva del commediografo spagnolo. Oppure come dimenticare l’ausilio che si fa nel XVII secolo di un espediente teatrale di grande fascino e suggestione: la macchina. Il Bernini si avvicinò cosi tanto alla riproduzione della realtà attraverso il suo uso che costrinse gli spettatori ad alzarsi prematuramente tanto era convincente l’illusione di una scena dove il mondo crollava su stesso. Non è incredibile ?
Nel libro dello studioso Roberto Ciancarelli troviamo questo pensiero: “Con l’invenzione della macchina, della nuvola che si trasforma ( di berniniana memoria ) nelle sembianze teatrali, vengono a essere celebrati gli straordinari prodigi degli artifici dell’allegoria trascegliendo, nella graduatoria delle immagini retoriche, quella che rappresenta la più insistita e ossessiva epitome del lessico e della cultura barocca: il teatro.”
Questo stupore visivo trascenderà anche le ferree regole della censura religiosa impossessandosene e caricandole in seguito di intrisa esperienza mistica e ascetica.
Si pongono quindi le basi teoriche del teatro moderno come teatro della rappresentazione. Diventa luogo che accoglie ogni tipo di fantasia, ogni visione e che trova la sua espressione di riferimento nella piazza così come lo era stato per gli antichi. Un contenitore che assume significati e percorsi diversi rispetto agli anni di Plauto e Terenzio. La crisi dell’Umanesimo relega l’uomo al ruolo di una grottesca maschera che interpreta la sua instabilità in un mondo in bilico tra realtà e sogno.
A tal proposito nei “Dialoghi” di Torquato Tasso la città diventa una rappresentazione allargata dove gli uomini e non gli attori recitano la commedia della vita: “ Vidi Ferrara: e mi parve che la città fosse meravigliosa e luminosa. Non bastandomi d’esser diventato spettatore , volli diventare un di quelli ch’eran parte de la commedia, e mescolarmi con gli altri”.
Non ci deve meravigliare a noi spettatori moderni della nostra esistenza se il barocco abbia anticipato le tematiche che fanno parte del nostro quotidiano. Giocando su di esso il teatro e quindi la vita estende la sua visione attraverso la somiglianza , la maschera e l’illusione come realtà parallela e ingannevole. Non sarà forse questa la linea guida del teatro del Novecento che con le indagini profonde di Pirandello, Ionesco e Beckett hanno scandagliato le nostre fragili certezze portandoci ad uno smarrimento che forse avrà una sua conclusione e redenzione, chissà, forse proprio grazie alla purezza di un teatro delle origini che era rappresentazione pure e semplice degli istinti umani. Ma questo non ci è dato saperlo….

Il barocco: illusione di una realtà illusa.
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