Dalla violenza negli stadi, a quella sul web: il caso di Ciro Esposito.

ciro giornale di casoriaIl calcio è uno sport che in Italia è “motivo di incontro” per tifosi, appassionati e curiosi: un luogo metaforico di condivisione di idee comuni, ma anche di scontri verbali e fisici. Una macchina per fare business, così come viene visto dagli imprenditori, una spettacolarizzazione del mito del nazionalismo espresso attraverso una squadra, inteso spesso dagli studiosi del comportamento umano. Il calcio, però prima di tutto, è essenzialmente visto dai tifosi come una passione, l’orgoglio per la propria squadra che cela il desiderio di rivincita rispetto alla parte antagonista.

Che sia teatro di tragedia o momento goliardico, il calcio crea audience e questo è il motivo per cui bisogna saper distinguere l’esposizione mediatica operata dai gruppi dei tifosi, dalla vera e propria notizia che può appunto interessare l’opinione pubblica. Il problema maggiore dei nuovi mezzi di comunicazione di massa più in voga attualmente, i social network ad esempio, è che essi veicolano notizie, dati, informazioni così velocemente, da non permettere l’accertarsi delle fonti.
La violenza negli stadi è oggetto di attenzione da parte dei media, ma al tempo stesso le tifoserie ultras sfruttano tale esposizione, con il desiderio di ottenere una elevata visibilità sociale. I cori robonati, le coreografie e persino gli scontri violenti hanno lo scopo di esaltare la tipizzazione del “gruppo tifosi ultras” rispetto agli altri tifosi. Si tratta, come sappiamo, di vere e proprie sub-culture nate intorno al “fenomeno” calcio, ma con finalità molto più ampie rispetto al semplice tifo, o al sostegno della “squadra del cuore”. Un fenomeno che ha da sempre interessato i sociologi, è capire come questi gruppi si costituiscano e quali siano i loro “valori condivisi”, per capire il motivo che spinge queste persone ad agire in nome della violenza. Non dimentichiamo che il “gruppo tifosi ultras” è essenzialmente una folla, con una propria psicologia, attendibile al mero consenso tacito, basata sull’imitazione del leader, fino alla completa spersonalizzazione dei propri membri.
Caratteristica predominante di queste sub-culture è il senso di appartenenza al gruppo, difeso sull’aspetto territoriale, come forma di rivendicazione rispetto ad altri localismi, sia sul piano ideologico, con l’affermazione del più forte.
I tifosi di due squadre diverse sono capaci di odiarsi, di arrivare allo scontro fisico e di uccidere addirittura, solo perché sono vittime dell’esaltazione del momento. Una notizia ormai sotto gli occhi di tutti è la morte di Ciro Esposito, il tifoso napoletano ferito a colpi di pistola allo stadio Olimpico, da Daniele De Santis, l’ex ultrà romanista in arresto per l’omicidio commesso. La morte di Ciro rappresenta proprio il risultato di ciò che ho appena detto, si uccide per noia, per esaltarsi, per galvanizzarsi e questo non va assolutamente bene.

In questi minuti i funerali di Ciro a Scampia, dove è stata allestita la camera ardente nell’auditorium, con l’intervento dell’avvocato Angelo Pisani, avvocato della famiglia Esposito, ad avviare una raccolta firme per chiedere al Presidente Napolitano, la medaglia al valore civile per Ciro, sostenendo soprattutto le intenzioni del giovane che è morto per difendere il bene:
Non dimentichiamo che è stato ferito e poi è morto dopo una lunga agonia per avere cercato di difendere donne e bambini da un attacco con bombe carta a un pullman di supporter partenopei

Credo sia fondamentale avere un rispolvero di coscienza, da parte di chi vive ancora il calcio come fenomeno di esaltazione del potere. Il punto è che la violenza è generalizzata non solo sui campi, negli stadi, ma anche sul web. Proprio dopo la morte di Ciro, sono stati diffusi dei post su Facebook, con l’invito alla violenza continua da parte dei tifosi di altre squadre contro i napoletani, contro lo stesso Ciro. Si tratta di un’esaltazione dell’aggressività, con forme di razzismo ed odio ingiustificato davanti agli “avversari” che poi in realtà sono tifosi come loro. Ci rendiamo conto che però spesso dietro questo scempio verbale, si nascondano delle intenzioni diverse. Non è raro che alcuni “ultras da tastiera” possano innescare thread mediatici, falsificati, sempre per ottenere attenzione. E’ come se l’esigenza di apparire, di essere al centro dell’orda sia più importante di tutto e si supera perfino il rispetto per la sacrosanta morte. A questo punto, il caso è patologico e determina un’analisi della società in cui viviamo, dove bisogna necessariamente uscire dalla bolla mediatica dei social e ritrovare il contatto umano, probabilmente il rispetto per chi non c’è più e per coloro che verranno, assumerebbe delle sembianze umane.


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