Castel Volturno: lotta per la sopravvivenza nella terra di “nessuno”

Strage-neri-Castel-Volturno-672x372Castel Volturno Terra di nessuno. Terra desolata, polverosa. Da queste parti  lo Stato non ha potere. Tra spiagge abusive, camorra, droga e prostituzione, un pezzo d’Africa nera è impegnato in una continua lotta per la sopravvivenza nelle terre dei bianchi. Da anni Castel Volturno è una vera e propria polveriera sociale. La convivenza non è stata mai facile. Ognuno cerca la sua libertà, i suoi spazi, vorrebbe mantenere in vita le proprie abitudini in un territorio senza alcun piano di accoglienza, di sistemazione, di lavoro. Quella di Castel Volturno è la cronaca di una morte annunciata. Negli anni ’70 Castel Volturno era un gioiello turistico. Poi  Col terremoto dell’80 , fu trasformata in un vero e proprio ricovero per sfollati. Ma soprattutto quello è il decennio in cui il mare è arrivato a punte di inquinamento tale da innescare  una progressiva involuzione dal punto di vista economico e sociale. I cittadini di Castel Volturno sono 20 mila, gli stranieri 15 mila, in buona parte irregolari, spalmati lungo trenta chilometri di Domiziana. In questo piccolo inferno italiano la camorra  manteneva ( e forse mantiene ancora)  il controllo del territorio lasciando agli stranieri, dediti agli illeciti, lo spaccio di stupefacenti. In questo modo  crescevano le due catene criminali, quella a guida della camorra casalese e quella della mafia africana. Tuttavia il controllo del potere non sempre è avvenuto in maniera indolore. Numerosi, infatti, sono le stragi che hanno portato il litorale Domizio oltre i confini della cronaca locale.
Nel 2008 un gruppo di fuoco camorristico agli ordini di Giuseppe Setola, killer dell’area stragista dei Casalesi, trucida sette persone gettando  nel panico la comunità nigeriana lì presente, che sentendosi abbandonata, scese in strada, innescando una guerriglia violenta, con auto e vetrine dei negozi danneggiate, guadagnandosi all’epoca anche la difesa di Roberto Saviano. La reazione del Governo non si fece attendere. Arrivarono a Castel Volturno l’esercito, l’Interpol e ci furono molti arresti: lo battezzarono «modello Caserta». Dopo sei anni Castel Volturno è sempre lì con i suoi italiani e i suoi africani che continuano a vivere una convivenza molto problematica. La situazione è destinata a peggiorare, anche perché continuano ad arrivare  i fratelli di colore, con le loro esigenze, i loro diritti, la loro rabbia, la loro fame. Tanti di essi vengono sfruttati dagli italiani nei lavori nei campi o nello smercio della droga. Tantissime donne sono costrette alla prostituzione. C’è malcontento e sconforto, nel litorale Domizio, dove è difficile individuare chi è la  vittima e chi è  il carnefice . Vittime sono gli italiani ai quali, nel giro di qualche decennio, è stato sottratto il territorio, il mare, la sicurezza. Vittime  sono gli  immigrati che arrivano in cerca di tranquillità e di lavoro e non trovano né l’uno né l’altro e quindi facilmente integrabili all’interno della malavita locale.
Oggi l’urgenza è il dissesto finanziario: con una popolazione reale superiore a quella ufficiale, mancano circa 6 milioni di euro per la raccolta rifiuti, per non parlare dei soldi indirizzati ai servizi sociali, comunque insufficienti.  Trovare soluzioni a basso costo sembra essere un utopia. C’è chi come il sindaco Dimitri Russo parla di un rilancio economico che prevede un piano per ripulire il mare, l’ istituzione di una serie di consorzi obbligatori per il riciclo e imponendo esplicitamente la raccolta differenziata dei rifiuti. Secondo il sindaco solo in questo modo i napoletani torneranno qui in vacanza come fino agli Anni 90 e si riapproprieranno delle case abbandonate, che rappresentano l’80% del patrimonio edilizio.« In questo modo si potrà risolvere anche il problema immigrati che non avranno più a disposizione il patrimonio edilizio di cui hanno finora usufruito gratis. Per molti fra loro non ci sarà più convenienza a restare e se ne andranno via». Intanto il ministro dell’Interno ribadisce l’impegno del Governo nell’ampliamento di unità complessive destinate all’incremento dei servizi di controllo del territorio e di rimanere attivo, nella provincia di Caserta, il dispositivo di Strade Sicure, anche finalizzato al contrasto dei roghi di rifiuti, collocandosi nella zona, ormai nota, come  “Terra dei fuochi”. Di impegni e promesse ne sono state fatte tante, forse troppe, mentre qui è ancora tutto piatto. Ma fino a quando la pelle nera in questo paese rappresenterà un limite alla convivenza civile, contribuiremo a donare solidarietà a tutti coloro che arrivano nel nostro paese per compiere violenza e vivere nell’illegalità, eclissando le loro crudeltà e meschinità dietro il capro espiatorio del colore “nero” della loro pelle.


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