Il Primo Maggio è stata pure la giornata di numerose celebrazioni per commemorare le vittime innocenti di infortuni sul lavoro, che in Italia nel corso degli anni è diventata purtroppo una vera e propria piaga sociale che non si riesce a debellare. Di seguito pubblichiamo l’intervento di Giustina Aloe, figlia di una delle numerose vittime colpevoli solo di svolgere il proprio dovere verso le loro famiglie e verso se stessi.
“Chissa’ se può essere considerato un lavoro imbracciare un fucile ed andare in battaglia. Essere obbligati a lasciare tutto e rischiare la vita per difendere la propria terra da un’aggressione. Non può essere un lavoro distruggere, ferire, ammazzare per ordine di qualcuno che dall’alto guarda compiaciuto. Eppure non possiamo che rivolgere un pensiero alle città distrutte, ai soldati ed alle soldatesse impegnati in una missione di morte, allo scontro fra popoli che in realtà è uno scontro fra interessi economici e politici. Oggi la guerra è l’espressione più bieca di come il denaro comandi sugli uomini, con tutti gli orrori, le atrocità e le vittime che ci restano da piangere. Così, mentre si aumentano le spese militari, che fra sei anni saranno di ben tredici miliardi in più rispetto ad ora, manca del tutto una visione strategica per il mondo del lavoro; mancano gli investimenti in sicurezza, prevenzione e formazione; mancano i controlli in grado di far rispettare regole esistenti; manca la capacità di ammettere che per i lavoratori e le lavoratrici si è fatto poco, quasi nulla, e chiedere scusa… Anche quest’anno il Primo Maggio, da festa, si trasforma in un triste elenco di numeri: nei primi tre mesi del 2022 gli incidenti mortali sono stati centottantanove, ovvero due al giorno. Gli incidenti sono aumentati di oltre la metà, e parliamo soltanto di quelli denunciati. Si muore in ogni settore, a qualsiasi età, durante corsi di formazione e persino nell’alternanza scuola lavoro. A qualcuno potranno sembrare spiacevoli inconvenienti, cose che possono capitare. A noi sembra intollerabile che si debba morire per lavorare, anziché lavorare per vivere. Che la scuola, anziché costruire il futuro dei giovani, glielo spezzi per sempre. Ci sembra intollerabile che si continui a considerare il lavoro come un privilegio, una gentile concessione dei più ricchi ai più poveri. Che certi imprenditori possono andare in tv a dire che lo stipendio è una pretesa assurda, perché è sufficiente l’onore di lavorare per loro. Mai nessuno che intervisti una famiglia che non riesce ad arrivare a fine mese. Non è così che andrebbe trascorse il Primo Maggio, nel triste ricordo di chi ha perso la vita tra polemiche, delusioni e statistiche. La retorica è sempre la stessa, le parole commosse non mancano mai, eppure i morti rimangono lì, nel loro silenzio impietoso ed a noi non resta che chiederci cosa abbiamo sbagliato. L’ unione fa la forza, si ripeteva un tempo nella classe operaia: è ancora così, ma quell’unità va costruita senza egoismi, con coraggio e rendendosi conto che il nemico non è il giovane fannullone o lo straniero che suda nei campi, ma chi antepone ricchezza e potere alla dignità delle persone“.

Caduti sul lavoro, parla la figlia di una vittima
da
Tag: