Boxtrolls – Le scatole magiche: una moderna favola d’altri tempi

boxtrolls-posterDue sono le cose che fanno impazzire gli abitanti di Cheesebridge, ovvero i formaggi e i Boxtrolls. Dei primi sono ghiottissimi, dai secondi invece sono terrorizzati. Si narra infatti che questi piccoli mostriciattoli vestiti di sole scatole mangino i bambini e vivano nel sottosuolo tra fiumi di sangue e mucchi di ossa. Una delle vicende più spaventose che li riguarda è quella che li vede responsabili del rapimento del piccolo Trubshaw, in seguito al quale il bramoso Archibald Arraffa mette su un’apposita squadra di sterminatori che ha il compito di eliminare tutti i Boxtrolls. Come ricompensa per il suo lavoro riceverà la tanto ambita tuba bianca, sinonimo di prestigio e potere. La verità sugli abitanti del sottosuolo non potrebbe essere però più lontana e toccherà al piccolo Trubshaw (che ormai cresciuto è divenuto uno di loro) svelarla, al fine di salvare la sorte sua e dei suoi piccoli amici.
Questa è la storia di Boxtrolls – Le scatole magiche, ultima fatica animata dello studio Laika (responsabile anche dei successi ParaNorman e Coraline e la porta magica) che tira in ballo diversi temi universali e lo fa con straordinaria delicatezza, riuscendo intanto anche a far sorridere più e più volte. In una cornice fatta di immagini suggestive, cariche di dettagli e riempite da toni avvolgenti, questa pellicola dal retrogusto classico eppure tanto moderna quanto a tecniche di realizzazione (che unisce stop-motion a CG) racconta innanzitutto di una grossa contrapposizione, quella tra “basso” e “alto” (evidente anche nella scelta delle inquadrature), ovvero tra chi occupa i gradini più alti della scala sociale e coloro che restano giù. I primi sono descritti come egocentrici, egoisti e avidi che pensano solo ad accumulare prestigio, denaro e potere. I secondi sono dipinti invece come laboriosi, ma timidi, paurosi e privi di mezzi per far ascoltare la propria voce. Qui entrano in gioco poi il riscatto, la volontà di far mutare le cose e l’importanza di lottare per ciò in cui si crede, che è giusto.
Bellissimo è stato poi constatare come si parlasse di “famiglia” senza mai farlo troppo esplicitamente, ma limitandosi a suggerire e lasciando allo spettatore la possibilità di trarre le sue conclusioni. Assolutamente degna di menzione è a tal proposito la descrizione di “padre” che viene fornita – e che può essere estesa senza problemi a tutte le figure genitoriali- che sta bene attenta a non fare riferimento alcuno al genere o alla biologia. Troppo spesso infatti ci si dimentica che non tutti i bambini, di oggi o di ieri che siano, condividono la medesima struttura familiare. Abbandono, adozione e integrazione sono altri degli argomenti che vengono fuori a cui si accompagna anche quello, importantissimo, dell’identità.
Non vi è intento moralistico o pedagogico in quest’opera, solo la volontà di raccontare, non dimenticando però di far pensare.
Due note a margine. Godetevi la deliziosa colonna sonora e ancora, restate in sala fino alla fine, una sorpresa vi aspetta.

 

 

 

 

 

 


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