Alessandra vince di mille secoli il silenzio

madri vestite di sole“Dà al tuo dolore le parole che esige. Il dolore che non parla sussurra a un cuore troppo affranto l’ordine di schiantarsi”: questo pensiero di Shakespeare (Macbeth – IV atto) è citato da Mariastella Eisenberg nel Prologo del suo “Madri vestite di sole”, una silloge poetica straordinaria nel significante e nel significato, nell’incisività e nell’intensità espressiva.
L’amore materno è la fonte inesauribile del testo.  L’amore per “Ale”, Alessandra, la figlia adorata “strappata al male a venire” brutalmente, a soli 29 anni, detta all’autrice versi struggenti e toccanti.
Ale, ha intrapreso non un viaggio, ma il viaggio, quello dal quale non c’è ritorno, o almeno, finora nessuno è tornato per riferirci se c’è un universo parallelo, come si sta, cosa si fa.
Una madre ama incondizionatamente i propri figli al di là del bene e del male, nel presente e nel futuro, nella vita e nella morte.  La morte, evento imprevedibile, cui nessuno può sfuggire, è, ahimè, ancora più dura quando strappa un “fiore in boccio”, una figlia, calpestandone il diritto a vivere, ad amare, a sognare.
L’amore consente al cuore sanguinante e gonfio di lacrime di questa madre di continuare a dialogare con Ale anche senza la sua presenza corporea.  “E’ salita la morte sulla nave, passeggera non gradita”– afferma l’autrice – il dolore è “esondato fuori dagli argini” e come “lava indurita increspa tutt’intorno la terra”.
I versi sono intensi, un pugno nello stomaco, forti nel contenuto, singultanti nella metrica, spesso costituiti da una sola parola; queste poesie sono la parola che il dolore esige, un pianto dirotto fatto di parole “la morte/di un figlio/è/sempre/oggi.“Nell’anima/s’aggroviglia/rimpianto muto./L’anima/fa male./E’/ormai/solo/ spugna/ che assorbe lacrime” . “Senza te/ un’altra giornata. Così/ recita/ la preghiera/ del mattino”.
Ecco un piccolo esempio di lapidaria sintesi poetica, che tende a sublimare un dolore, troppo grande, troppo forte, troppo ingiusto e feroce che lacera l’anima di questa madre, eroica nella sua maternità, eccezionale per la forza con cui cerca di oggettivare il delirio della sofferenza interiore, di dare voce al silenzio, di impedire l’oblio. Sì, la poesia, sorella consolatrice, si fa eternatrice di foscoliana memoria; il “non omnis moriar” di Orazio, si trasforma in “non omnis morta est”, non del tutto è morta Alessandra; ella vivrà per sempre attraverso i versi della madre così come vive nel suo cuore , nella sua mente, nei suoi ricordi.   Per sempre assieme madre e figlia, unite dall’amore materno che non conosce limiti, né ostacoli.
In verità, “Madri vestite di sole”, non è solo questo, è molto di più; il grande cuore dell’autrice le consente di spaziare nella storia, nel mito, nella cronaca  dando voce al dolore muto di tante altre madri, che si sono viste sottrarre anzitempo i figli.  Jan Palach, don Diana, Simoncelli, Annalisa Durante, Icaro, i desaparecidos di Plaza de Mayo, i giovani di piazza Tienanmen e i tanti innocenti vittime di incidenti, inondazioni o semplicemente della rapacità e della disonestà  umana  avevano le loro mamme , e, purtroppo “Sole le madri restano per strade deserte a mendicare ricordi dai sogni dei figli”.  A queste madri ammutolite e impietrite dal dolore, l’autrice dona la parola, “parole/ crivellate/ da raffiche di vento”, ma “se/ nominare/ è far essere ciò che si nomina – afferma la Eisenberg – nominerò/ te/ in continuazione/ finché/ avrò fiato/ e/ così/ il tuo nome/ non si potrà perdere”.. .Alessandra è dunque viva!  La parola, infatti, ha abbattuto il muro del silenzio, ha sconfitto l’oblio!
Dopo due romanzi, altre due sillogi poetiche e svariate pubblicazioni, “Madri vestite di sole” è un atto di lucido amore, quell’amore immenso che tocca le corde più profonde del nostro essere e che solo una madre può provare. Non si può non leggere!

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