A Casoria si discute di abusivismo edilizio.

10997212_10204932900316671_373787177_nIn data 16 febbraio 2015, presso la sede del Comitato Quartiere Stella, si è tenuto l’incontro organizzato dai Comitati di quartiere Casoriani: “Stella”; “Casaurea” e “Castagna”, per dibattere della questione degli abbattimenti per abusi edilizi a Casoria ed in particolare per valutare, con tecnici e politici, l’applicabilità in concreto del comma 65 art. 1 legge regionale 5/2013, al fine di evitare le demolizioni. Lungi dal voler giustificare l’abusivismo edilizio, che è e resta, comunque, un illecito e prescindendo da ogni valutazione circa la giustezza, o l’equità, dell’applicazione delle sanzioni (soprattutto a distanza di tanti anni dal compimento dell’abuso), ritengo opportuno effettuare alcune considerazioni.

Innanzitutto, va detto che l’abusivismo edilizio è quel fenomeno illegale consistente nell’esecuzione di opere edilizie in assenza o in difformità dagli atti abilitativi all’uopo richiesti dalla legge (permesso di costruire, denuncia di inizio attività, s.c.i.a.), dunque non sempre e non necessariamente dannoso per l’ambiente ed il territorio.

Tale pratica illecita ha avuto il suo picco durante il periodo del boom economico ed edilizio del secondo dopoguerra, in quanto al bisogno di abitazioni dettato dalla crescita demografica non corrispose un’adeguata legislazione urbanistica. L’assenza di piani regolatori, l’elevata imposizione fiscale e la politica del lasciar fare delle amministrazioni, fecero si che tale fenomeno si tramutasse in una vera e propria “prassi” edilizia.  Proprio tale “usualità” è indice del fatto che l’antigiuridicità del reato di abusivismo edilizio non è percepita dai cittadini, i quali sono spesso più indignati per lo “spreco” conseguente all’abbattimento di un immobile abusivo, piuttosto che per il compimento dell’abuso. Inoltre le odierne demolizioni sono caratterizzate da ingiustizie di fondo, prima di tutto perché la sistematicità con la quale, negli anni passati, sono stati emessi i condoni edilizi ha fatto si che chiunque avesse la disponibilità economica sanasse il proprio abuso tramite “oblazione”, per cui molte delle persone che si ritrovano oggi a fare i conti col provvedimento di abbattimento sono quelle che non avevano tale “disponibilità”, il che crea a mio giudizio un ingiustificabile disparità di trattamento a parità di abuso (chi aveva il denaro per il condono si è messo in regola, chi non lo aveva si vede demolire la casa). Particolarmente penalizzati sono, poi, i cittadini Campani, in quanto, sempre a parità di illecito, sono gli unici Italiani a non aver potuto beneficiare degli effetti salvifici del condono del 2003, preclusi da una legge Regionale dell’allora Governatore Bassolino.

Va, infine, considerata la questione della “convenienza” della demolizione per i Comuni.  Invero, il dirigente del Comune, accertato l’abuso, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione dello stesso e qualora questi non provvedano nel termine di 90 giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, vengono acquisiti al patrimonio del Comune, che provvede alla demolizione a spese dei responsabili dell’illecito. Ma non sempre i responsabili degli abusi sono solventi e dato che il valore del terreno difficilmente riesce a coprire la spesa anticipata dall’ente locale per la demolizione, sovente l’abbattimento risulta per i Comuni “antieconomico”.

Il dibattito è stato aperto dal Consigliere Comunale Esposito Orsino, nella veste di rappresentante del Comitato Stella, il quale ha precisato che l’incontro – meramente tecnico e volto a valutare la possibilità di applicare il comma 65 art.1 lex 5/2013 – sarebbe stato prodromico ad uno successivo, esclusivamente politico, fissato nella prima decade di marzo. L’invito ai politici presenti è stato, dunque, quello di limitarsi ad “ascoltare”.

I relatori sono stati tre, l’Avv. p. Brigida Faeta, che ha esaminato la questione dal punto di vista del diritto penale, l’ex Assessore del comune di Afragola Alessandro Salzano, che ha vagliato gli aspetti amministrativi della questione e il geometra Luigi Carrozza che ha, invece, analizzato la situazione dal punto di vista tecnico.

La materia è disciplinata dal Testo Unico in materia edilizia (DPR 380/2001) il quale prevede tre tipi di sanzioni: amministrative, consistenti nell’abbattimento e ripristino dello stato dei luoghi e nell’irrogazione di una sanzione pecuniaria; penali, consistenti nell’ammenda, nell’arresto e nel conseguente ordine di demolizione e civili, consistenti nell’incommerciabilità degli immobili abusivi.

Scoperto l’abuso edilizio si instaurano due procedimenti collegati e paralleli, uno penale e uno amministrativo. Il problema degli odierni abbattimenti, come evidenziato dalla Dott.ssa Faeta non si pone tanto dal punto di vista penale, quanto da quello amministrativo. Ciò in quanto la maggior parte dei reati di abusivismo edilizio sono oggi caduti in prescrizione e dunque, il giudice non può più emanare l’ordine di demolizione. Secondo la più recente giurisprudenza, inoltre, anche laddove il reato fosse stato accertato per tempo e fosse già stata irrogata la sanzione della demolizione, la procura avrebbe dovuto eseguire l’ordine di demolizione nel termine di 5 anni dal passaggio in giudicato della sentenza, laddove ciò non fosse stato fatto la pena va considerata estinta. Ciò non influenza, tuttavia, il procedimento amministrativo, permanendo in capo alla pubblica amministrazione il potere/dovere di procedere alla demolizione.

Il Salzano, dopo aver appunto sottolineato che l’unica soluzione idonea a sanare l’abuso è il condono edilizio, si è pronunziato in merito alla possibilità di applicare il comma 65, art. 1 lex 5/2013. Tale comma suggerisce ai Comuni una possibilità, ossia quella di destinare gli immobili abusivi acquisiti al patrimonio Comunale ad alloggi di edilizia residenziale pubblica e ad alloggi di edilizia sociale, evitando così l’abbattimento.  Gli immobili, quindi, non vengono restituiti ai precedenti proprietari, il Comune, tuttavia, nell’assegnare l’immobile, deve riconoscere precedenza a coloro che al tempo dell’acquisizione occupavano il cespite (previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa), che possono così continuare ad abitarlo versando un canone prestabilito. Il comma precisa anche che spetta al Comune stabilire le procedure di dismissione degli immobili, che, dunque, potranno anche essere venduti. L’Avvocato Salzano, sulla scorta dell’esperienza maturata nel Consiglio Comunale di Afragola, che applicando il summenzionato comma è riuscito a salvare dall’abbattimento alcuni edifici, ha spiegato l’iter da seguire. In pratica il Consiglio Comunale dovrebbe pronunziarsi su ogni singolo immobile abusivo con una delibera che ne dichiari l’utilità sociale, procedendo comunque con perizia, onde evitare che la stessa venga in un secondo momento considerata illegittima dalla Procura, che potrebbe in tal modo procedere ugualmente alla demolizione.

Così come sottolineato dal rappresentante del Comitato Casaurea, De Dominicis, se già altri Comuni sono riusciti ad evitare l’esecuzione degli ordini di demolizione recependo detto comma 65 (oltre al Comune di Afragola ci sono, infatti, quello di Casalnuovo e quello di Orta di Atella, ma altri ne hanno seguito, o ne stanno seguendo, le orme), non si comprende perché a Casoria si pongano tante difficoltà.

I politici intervenuti al dibattito (hanno preso la parola nell’ordine sono: Polizio, D’Anna, Pugliese, Marigliano, Iodice e Cerbone), si sono mostrati tutti in un certo modo favorevoli alla soluzione, tanto da ingenerare nei cittadini presenti, colpiti dall’ordine di  demolizione, la speranza che la soluzione sarà in fin dei conti adottata. Staremo a vedere come va a finire.


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