Home Cultura A’ livella un capolavoro che non tramonta mai.

A’ livella un capolavoro che non tramonta mai.

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livellaHo provato a chiedere ad un po’ di persone cosa pensassero se si parlava della commemorazione dei defunti, quasi tutti sono stati pronti a rispondere: “A Livella”, la poesia di Totò. Proprio quel meraviglioso gioiello che Antonio De Curtis ha voluto lasciarci. Io da bambina l’ho imparata a scuola ma a casa già la ripeteva mio padre, nello scaffale ne avevamo un libro, tra le recite era una delle più quotate, grandi e piccini ognuno improvvisava un po’ per declamarla. Ne sono passati di anni da quando Totò nel 1964 decise di pubblicare il suo libro più famoso che prende il titolo proprio da quest’opera, un testo che raccoglie anche altre poesie scritte tutte a partire dagli anni ’50, un’opera sempre verde, senza dubbio un capolavoro della letteratura italiana. Numerose e profonde sono le tematiche che tratta come la morte, una morte che più che spaventare fa sorridere perché trattata con ironia e leggerezza, che non fa soffermare sul timore dell’ignoto perché dona serenità, finalmente fa giustizia. Essa, infatti, pone a confronto due personaggi: un marchese ed un netturbino che inscenano un discorso a cui assiste per puro caso un uomo che facendo visita ai defunti il due novembre non si accorge dell’ora e rimane chiuso nel cimitero, incredulo e stordito mentre cerca la via di uscita si rende conto che a parlare sono in realtà delle anime. Due ceti sociali a confronto, il primo un blasonato con la puzza sotto al naso (in tutti i sensi) rimprovera il secondo di essersi fatto seppellire accanto a lui che è un nobile, ne segue un dialogo nella cui prima parte il marchese padroneggia con toni di certo non pacifici invitando il netturbino a trasferirsi altrove, non ammorbidendosi neppure di fronte ai modi semplici e pacati del popolano di rispondere e giustificarsi fin quando non se ne può più e lo spazzino perde davvero la pazienza e gliene canta di santa ragione…”A verita’, Marchè, mme so scucciato ‘e te senti, e si perdo ‘a pacienza mme scordo ca so morto e so mazzate!..” Quanta soddisfazione, soprattutto per chi conosce la poesia, quando Don Gennaro il netturbino finalmente dopo aver tanto asserito si ribella e scuote la mente del marchese ricordandogli che il trapasso rende per fortuna tutti uguali, la morte non fa sconti né raccomandazioni. Un piccolo teatrino che tocca ognuno esaltando valori  positivi  come l’umiltà e l’uguaglianza soprattutto quando dice…” ‘A morte ‘o ssaje ched’è?…è una livella.”  Si, una livella, uno strumento che pone tutto sullo stesso piano, che stabilizza. Una meravigliosa ed azzeccata metafora che solo un grande artista ed un grande animo poteva riuscire a creare, un principe che dimenticò di avere un titolo nobiliare donandoci nel suo capolavoro la ricchezza più grande: un po’ del suo cuore…